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DIBATTITO sul ruolo dei comunisti e sulla crisi del PRC  links 

Stati Generali della Sinistra Arcobaleno
Ho partecipato di persona - per entrambi i giorni - agli "Stati Generali della Sinistra Arcobaleno". Riporto di seguito alcune annotazioni e riflessioni, tutto sommato contento di avervi partecipato, poichè mi ha permesso di capire e vedere con i miei occhi cosa realmente si stia costruendo - o ci si provi. Anche perchè a leggere alcuni articoli usciti sulla stampa, in particolare Liberazione di oggi, ho avuto la stessa impressione del 20 ottobre: il tentativo di nascondere alcuni aspetti che invece sono emersi in modo piuttosto chiaro.
La prima cosa che mi ha colpito è stata la 'composizione' dei partecipanti, sia sabato che domenica. Nella giornata di sabato ho partecipato, per intero, al workshop su "Democrazia, etica pubblica, rappresentanza, nuove forme della partecipazione". Ho scelto quello nella speranza di capire come 'concretamente' si metterà insieme questa variegata 'Sinistra Acobaleno' e ascoltare come, concretamente, si pensa di coinvolgere quella parte della sinistra che non si riconosce negli attuali Partiti. Insomma, nonostante la mia non condivisione di questo progetto, vi ho partecipato predisposto all'ascolto, innanzitutto per capire.
Al workshop che ho seguito la sala era abbastanza piena (nel complesso credo intorno alle duecento persone). Vi sono stati poco più di venti interventi. La gran parte fatti da compagni di Sinistra Democratica e affini (Associazioni 'per l'unià della Sinistra', Sinistra euromediterranea, ecc il mondo che gravita intorno a Pietro Folena).
Pochi gli interventi fatti a nome del PRC, Pdci e Verdi.
Tra gli intervenuti, in pochi hanno detto cosa facevano nella vita. Tra questi praticamente tutti ricoprivano incarichi istituzionali. L'impressione è che il 'ceto istituzionale' fosse l'elemento prevalente (per inciso senza nessuna accezione negativa). Il dibattito, poi, ha confermato questa impressione. Praticamente tutti gli interventi hanno declinato i temi della rappresentanza, democrazia e partecipazione solo in chiave istituzionale (leggi elettorali, statuti regionali, federalismo e sbarramenti vari). Come mi era già capitato all'assemblea sulla 'Sinistra' organizzata a Bologna il 30 novembre, anche qui la parola 'Genova' non ha trovato cittadinanza. Eppure la stessa due giorni era organizzata sul modello dei Social Forum. Segno, e forse conseguenza, del fatto che i presenti in realtà i Social Forum li hanno visti e frequentati molto poco. Più di un workshop aveva già tutti gli interventi concordati e praticamente blindati. Se questo fosse capitato a una riunione di un qualsiasi Social Forum - quelli veri - non oso pensare cosa sarebbe successo (giustamente).
L'età media dei partecipanti a questo workshop era intorno ai cinquant'anni, pochi i giovani e le donne. Sulle donne si è sfiorato il ridicolo. La presidenza era tutta al maschile. Le relazioni iniziali tutte al maschile. I primi 14 interventi sono stati di uomini. Il quindicesimo l'ha fatto una compagna, Chiara di Firenze. Ha detto che era riuscita a intervenire perchè un compagno gli aveva ceduto il posto. Dalla Presidenza, nella quale c'era il compagno Ginsburg, hanno risposto che "era anche colpa delle donne che non si iscrivevano" (giuro, hanno detto proprio così!). In totale ho ascoltato 3 interventi di donne. Probabilmente anche questo è un elemento che conferma il carattere 'istituzionale' della platea: è noto infatti che proprio nelle istituzioni la questione di genere non trova cittadinanza.
Mi sono aggirato anche in altri due workshop, quello sul Lavoro e quello sui Migranti. Il dibattito non sono riuscito a sentirlo, ho solo visto chi c'era.
In quello sui Migranti ciò che balzava agli occhi era l'assenza di migranti, quelli in carne ed ossa. Ne ho visti quattro o cinque. Tra i workshop è stato quello meno partecipato.
Quello sul Lavoro mi è sembrato il più partecipato - era forse la sala più grande. Del resto, li c'erano le telecamere e gli interventi dei 'big'. I compagni che vi hanno partecipato mi hanno descritto una platea fatta in prevalenza da funzionari sindacali, giuslavoristi e studiosi. Una platea indubbiamente interessante, la cui discussione sarà sicuramente stata non banale. Anche qui, però, era evidente l'assenza dei lavoratori in carne ed ossa (quelli, insomma, che la Sinistra-Arcobaleno vorrebbe rappresentare, almeno a parole).
L'impressione che mi ha lasciato la prima giornata è stata di un'iniziativa probabilmente riuscita per la partecipazione, anche se i 7mila sparati da Il Manifesto mi sembrano esagerati. Quello che mancava, e mancava in modo evidente, era la presenza dei soggetti sociali 'in carne ed ossa', quelli che abbiamo incontrato in anni di lotte e mobilitazioni. La prima giornata, insomma, è stata popolata dal 'ceto politico' dei soggetti promotori della due giorni (Partiti, associazioni, pezzi di sindacato, ecc). La componente politica maggioritaria mi è parsa Sinistra Democratica.
Alla sera vi è stato uno workshop 'auto-organizzato'. La relazione introduttiva l'ha fatta Ginsburg, lo stesso Ginsburg che era nella presidenza del workshop ufficiale finito poco prima. Autoconvocazione dal basso? Qualche dubbio è sorto. Del resto tra i primi interventi 'concordati' vi è stato quello di Folena, che proprio 'dal basso' non viene. La sala era piena. Poco dopo l'inizio siamo dovuti ritornare in albergo - era lontano e non vi erano grandi mezzi di trasporto.
Anche la seconda giornata è stata molto utile per capire dove stiamo andando, almeno noi del PRC. Vi erano migliaia di persone, quante non saprei quantificarle. Su Il Manifesto di domenica c'era scritto che erano state tolte metà delle seggiole per permettere a più persone di stare dentro al grande capannone. In effetti metà del capannone era senza seggiole, ma non ha mai avuto il pienone che forse ci si aspettava. In questa giornata si è potuto 'fotografare' molto bene la composizione dei partecipanti. L'entrata dei comitati No dal Molin è forse il fatto che più di tutti ha permesso di capire gli umori e gli orientamenti di fondo dei partecipanti. I vicentini sono stati accolti con un applauso di maniera e un percepibile e diffuso senso di insofferenza. Il delegato che stava parlando si è interrotto perchè indispettito dal rumore fatto dai comitati No dal Molin (entravano battendo pentole e tegami). Una compagna della presidenza (di SD) si è precipitata dietro di lui provando a convincerlo a continuare l'intervento. Lui è rimasto indispettito.
Ha preso la parola una rappresentante del Presidio pemamente di Vicenza. Ha chiuso il suo intervento definendosi una donna e una mamma. La cosa che mi ha letteralmente sconvolto - insieme ai compagni di Bologna che avevo vicino - è stata la freddezza della platea nei confronti di quel movimento. Quel movimento che, nonostante tutto, continua a lottare contro la prepotenza e la sordità del governo Prodi, per un territorio smilitarizzato e per una partecipazione che non si limiti a qualche riforma istituzionale. Quel movimento, come altri, che 'a parole' dovrebbe trovare cittadinanza in questa Cosa Rosa arcobaleno. C'era freddezza nella platea. L'unico vero applauso è stato fatto quando dalla presidenza hanno richiamato il delegato indispettito per fargli finire l'intervento - come dire, finalmente possiamo ricominciare...
Il perchè di questa freddezza lo si è capito negli interventi dei quattro segretari nazionali. L'intervento più applaudito, sia in entrata che in uscita, è stato quello di Mussi. Un compagno di fianco a me, con gli occhi un pò sgranati, ha esclamato "sono sbigottito, qui la maggioranza è di Sinistra Democatica". L'intervento meno applaudito è stato quello del segretario del PRC, a parte il finale nel quale ha detto che bisogna andare avanti nel soggetto politico unico della sinistra - anche quelli di Sinistra Democratica hanno applaudito, chissa perchè. La freddezza nei confronti dei comitati vicentini era dovuta alla forte presenza di quadri di Sinistra Democratica - tanti istituzionali anche nel secondo giorno - un pò allergici a movimenti che non si vogliono far domare dal sostegno a governi 'amici' (del resto, cosa altro dovrebbero fare i movimenti?). Era una platea che si potrebbe definire come gli 'Stati Generali e istituzionali di Sinistra Democratica e dei Verdi' allargati ai gruppi dirigenti del PRC e Pdci - anche tra questi la presenza dominante era quella degli istituzionali, praticamente assenti i militanti.
Le impressioni con cui me ne sono tornato a Bologna sono state un misto di preoccupazioni e speranze per il futuro.
Preoccupazioni per il carattere istituzionale e moderato che inevitabilmente avrà questo soggetto politico della sinistra. Il documento finale approvato (1), di cui allego il link, è sostanzialmente la posizione di Sinistra Democratica, degli ex-diessini senza più Partito. Vogliono una sinistra 'di governo', senza falce e martello. C'è da capirli, vogliono la sinistra che sono sempre stati. Segnalo che nella giornata di domenica c'era Occhetto - quello della bolognina - e che Mussi, all'inizio dell'intervento, gli ha reso un caloroso omaggio, con seguito di applausi. Lo stesso Occhetto che spiega con queste parole all'Unità perchè era presente: "Si realizza quello che ho proposto con la Svolta: togliere le falce e martello e fare una sinistra unita. Solo che ci si arriva con 20 anni di ritardo". http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=16344.
Agli stati Generali si è anche capito il perchè Sinistra Democratica spinge tanto per presentare un simbolo unico alle prossime elezioni amministrative, nonostante che la legge elettorale con cui si vota nelle amministrative sconsigli la presentazione di liste uniche. Hanno troppi istituzionali da rieleggere e la presentazione di proprie liste, che i sondaggi danno tra lo 0,5 e l'1 per cento, non ne garantirebbero la rielezione. E così, senza simbolo unico alle prossime amministrative, rischiano di perdere anche la propria gamba 'istituzionale' (corposa), dopo aver perso parte della propria gamba sindacale (Nerozzi), terrorizzata dal fatto che non tutti nel PRC sono disposti a digerire l'indigeribile dal Governo Prodi (e da Epifani). Molti amministratori ex-diessini sarebbero infatti inevitabilmente risucchiati dal PD visto che il loro problema è, o sarà, essenzialmente la propria rielezione. Del resto costruire un soggetto politico 'di governo' è utile anche ad aver una maggior presenza nelle istituzioni - almeno su questo terreno dal governo si ottengono risultati. Stupisce che la spinta verso simboli unici alle prossime amministrative venga anche dal PRC: voglia di portare voti per far eleggere ex-diessini?
Sono tornato però anche con un carico di speranze. Se nella due giorni romana le componenti di Sinistra Democratica e Verdi erano maggioritarie non è perchè hanno più seguito nel paese. E' perchè il corpo dei militanti degli altri due Parti, soprattutto del PRC, non sono convinti di questo processo, non vi partecipano. Ne vedono il carattere politico moderato, non alternativo all'attuale sistema. Lo vedono come la negazione di quello che sono stati per almeno 15 anni, all'opposizione delle politiche liberiste e di guerra, anche quando queste politiche le fa un governo 'amico'. Sono compagne e compagni che hanno sempre lavorato alla Rifondazione Comunista perchè sanno che senza di essa la sinistra non può che nascere monca. E sanno che la 'cosa' che dovrebbe nascere rischia di trasformarsi in una sorta di PDS in formato bonsai. Non è un caso che nella due giorni romana l'egemonia - negli interventi, nell'applausometro e nel documento finale - l'abbiano avuta i seguaci di Mussi. E noi corriamo il rischio di regalare una struttura di Partito a chi ha interesse solo a una propria ricollocazione istituzionale senza cambiare la propria idea di 'sinistra di governo', anzi rivendicandola. L'omaggio di Mussi a Occhetto è stato eloquente.
Sono queste le forze motrici di questa nuova 'sinistra di governo', e l'acclamazione a Mussi lo ha plasticamente evidenziato.
Il gruppo dirigente del PRC saprà o vorrà correggere una linea sempre meno condivisa da iscritti e militanti e che sta portando al suicido l'intero Partito? Vista la scelta di rimandare il Congresso nazionale qualche dubbio sorge. Ma dalla base del PRC sono sempre più numerose le prese di distanza, e la sua sostanziale assenza agli 'Stati Generali' ne è una conferma.
Non sarà facile, neanche per la terza carica dello stato, sciogliere un Partito che ha una storia lunga 16 anni. In un'Italia dove socialmente le ragioni per essere comunisti sono più numerose oggi del 1991, come ci ha detto in modo chiaro e per nulla minoritario la giornata del 20 Ottobre. Tra l'altro, insieme a Genova, è stata l'altra grande assente alla due giorni romana. E' significativo che mentre il 20 ottobre ha visto un'egemonia 'sul campo' dei comunisti, nella due giorni romana questa egemonia era delle forze - SD e Verdi - che il 20 ottobre non c'erano. Il 20 ottobre e gli 'Stati Genarali della S.A.' sono due modi diversi di concepire, e lavorare, per l'unità della sinistra. Davvero la scelta giusta è quella voluta dal gruppo dirigente del PRC? Ne dubito.

Stefano Franchi - segreteria PRC di Bologna

(1) il documento finale nel complesso propone 'correttivi' allo stato di cose presenti. Per l'appunto una forza politica che si pone l'obiettivo di 'governare da sinistra' le politiche liberiste. Nonostante il bilancio impietoso, che ci si ostina a non voler fare, di questo anno e mezzo di governo Prodi.