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euskadi repressione di stato internazionale


I Comitati d’Appoggio alla Resistenza – per il Comunismo intendono contribuire a far sì che si sviluppi e si approfondisca la conoscenza reciproca tra il movimento comunista, rivoluzionario e antimperialista che si sta sviluppando nel mondo e quello che si sta sviluppando in Italia. È necessario, allo scopo, provvedere alla traduzione del materiale estero nella nostra lingua e quello in italiano nelle lingue straniere, principalmente inglese e spagnolo. Invitiamo le varie forze presenti in Italia, i singoli compagni e le singole compagne a contribuire a questo compito, o riferendosi alla nostra struttura organizzativa o autonomamente. 
Riportiamo sotto un documento relativo allo stato attuale delle relazioni tra il movimento di liberazione basco e il governo spagnolo.

ottobre 2006

Traduzione di un’ intervista di Joseba Permach, membro del Comitato nazionale di Batasuna

 «Lavoriamo per sorpassare l’attuale situazione di stallo».

«La soluzione passa per lo scioglimento dei nodi dell’autodeterminazione e della territorialità».

 «Le prossime settimane saranno cruciali per sapere se, tutti insieme, siamo capaci di porre le basi minime per cominciare il dialogo politico». È ciò che assicura Joseba Permach, membro del Comitato nazionale di Batasuna in un’intervista rilasciata al giornale basco GARA e tradotta in francese da Solidali col popolo basco in lotta – Parigi (SPBL-Paris).* Egli sottolinea il fatto che «la sinistra indipendentista si è assunta l’impegno di sorpassare l’attuale situazione di stallo». È in questo senso che egli interpreta l’impulso mobilitante a favore dell’autodeterminazione.

 Prima di analizzare ciò che è successo nel corso dei sei mesi trascorsi dal cessate il fuoco dell’Eta, Joseba Permach ha voluto ricordare che questa iniziativa «si fonda da una parte sulle condizioni politiche createsi nei Paesi Baschi dopo la presentazione, da parte di Batasuna, della proposizione di Anoeta e, dall’altra, su un lungo periodo di dialogo tra le diverse formazioni politiche». Inoltre segnala l’esistenza di aspetti positivi e negativi, «ma sfortunatamente gli aspetti negativi pesano in modo particolare».

 GARA: Quali sono gli aspetti positivi?

 Joseba Permach: Abbiamo potuto constatare, nel corso di questi sei mesi, il sostegno dei cittadini baschi verso questo processo con ad esempio le mobilitazioni favorevoli a che i Paesi Baschi abbiano diritto di parola e di decisione. La comunità internazionale ha introdotto il conflitto basco nella sua agenda. È ugualmente importante ricordare la dichiarazione del capo del governo spagnolo, José Luis Rodriguez Zapatero, in cui sosteneva che avrebbe rispettato la decisione che i baschi avrebbero preso sul loro futuro. Una dichiarazione che non ha avuto risultati concreti nella pratica.

 Lui ha detto che i cittadini potrebbero decidere «rispettando le norme e le procedure legali»…

 L’importante è rispettare la parola e la decisione dei cittadini baschi e, sicuramente, questa parola e questa decisione devono avere una concretizzazione legale definitiva. Perché quello di cui questo paese ha bisogno è di un quadro giuridico-politico nuovo nel quale siano rispettate proprio questa parola e questa decisione.

 E gli aspetti negativi?

 Il principale, quello che caratterizza la situazione di crisi e di stallo attuale, è che il Partito socialista e il governo spagnolo, come anche il PNV, non sono stati all’altezza delle circostanze e non hanno risposto con responsabilità all’opportunità aperta sei mesi fa. È più che evidente che nel corso di questi sei mesi il governo spagnolo non ha abbandonato il suo atteggiamento repressivo, l’attività poliziesca e quella della magistratura hanno condizionato in modo permanente il processo. In secondo luogo, il Partito socialista e il PNV hanno tentato, e in una certa misura sono riusciti, a rimuovere definitivamente il discorso politico, quando tutti sanno che la soluzione passa per un accordo politico. E, in terzo luogo, il Partito socialista, con l’aiuto del PNV, tenta di dare obiettivi e significati diversi al processo, lasciando intendere che si tratta di un processo di pace contro detenuti nel quale la sinistra indipendentista si arrenderebbe e si ammanterebbe di pseudo- democrazia. Noi crediamo che questo paese, da tanto tempo già, ha deciso che la soluzione passa per lo scioglimento dei nodi dell’autodeterminazione e della territorialità.

 Ma non è stato già tutto discusso prima del cessate il fuoco, nei colloqui privati ai quali avete fatto riferimento?

 A questo punto tutti sono coscienti del fatto che prima del cessate il fuoco ci sono stati molti colloqui e sono state anche presi impegni. In questo caso, quello che è certo è che il governo spagnolo e il PSOE non hanno rispettato certe «regole d’oro», e poco importa che queste siano o meno state discusse e sottoscritte prima, perché queste sono esistite in tutti i processi portati a soluzione nel mondo. Quando parlo di «regole d’oro» parlo di rispetto dell’avversario, di rispetto della nostra attività politica e di quella di tutte le formazioni della sinistra indipendentista, del rispetto dei diritti dei detenuti, e di una scommessa per la distensione. La mancanza di rispetto ha portato il processo all’attuale situazione di stallo.

 Qualche settimana fa Batasuna ha proposto, come formula per risolvere il conflitto, la ricerca di un preaccordo tra le parti. A che punto è questa iniziativa?

 C’è grande disaccordo tra le differenti formazioni politiche di questo paese e il governo spagnolo su ciò a cui deve rispondere questo processo. Noi siamo convinti che il processo debba sciogliere i nodi che generano il conflitto. In questo senso abbiamo preso delle iniziative, tra cui tentare di accordare le basi minime per far funzionare una piattaforma di soluzioni; che sia chiaro a tutti che ci siederemo per parlare del problema politico, per parlare delle radici del conflitto e per essere in grado di sciogliere, tutti insieme, i nodi del conflitto. Questo è quello che stiamo cercando di fare in questo momento, insieme al resto delle formazioni politiche, e quello che volgiamo fare anche nelle piazze, rivendicando il diritto all’autodeterminazione.

 Ci sono degli impegni tra le parti in questa direzione?

 Quello che possiamo affermare è l’impegno fermo della sinistra indipendentista per sorpassare l’attuale situazione di stallo. Noi lavoriamo per questo. Abbiamo informato il resto delle formazioni politiche del nostro desiderio di trovare un accordo il più presto possibile su basi che possano far funzionare l’accordo tra le parti e che questo accordo serva a sciogliere i nodi che hanno generato il conflitto. Le prossime settimane saranno cruciali per sapere se, tutti insieme, siamo capaci di arrivare a delle basi minime che garantiscano che il processo esca dalla situazione attuale, per intavolare il dibattito politico necessario allo scioglimento dei nodi - il diritto all’autodeterminazione  e alla territorialità - e giungere definitivamente ad una soluzione giusta e duratura.

 Durante il mese di giugno si è verificata un’altra crisi con la comparizione di fronte ai giudici di otto membri del Comitato nazionale di Batasuna. C’era stata una dichiarazione di Patxi Lopez, poi una riunione ufficiale tra il PSE e Batasuna e, qualche giorno dopo, una nuova crisi. Che è successo?

 Due cose evidenti. Prima di tutto, il Partito socialista ha posto come condizione sine qua non estrema discrezione e assenza di dibattito nei media, in questo modo ha tentato di ricattare la sinistra indipendentista sul tema della legalizzazione e del rispetto della Legge dei partiti. In secondo luogo dopo la riunione pubblica, il Partito socialista ha cercato di rimandare il processo sine die. Questo ha contribuito a far precipitare la situazione durante l’estate. Tutti avevano compreso che le formazioni politiche dovevano rispettare gli impegni entro l’autunno, ma noi denunciamo che il Partito socialista e, in minor misura, il PNV non hanno avuto la volontà di rispettare gli impegni.

 Voi non volete legalizzare la vostra situazione?

 Siamo i primi a volere che in nostri diritti civili e politici siano rispettati. Ma vogliamo sottolineare il fatto che il dibattito sulla legalizzazione è stato, e resta, un meccanismo che mira a sfigurare gli obiettivi del processo e a ritardare il dibattito politico. In ogni modo vogliamo ricordare che Batasuna e la sinistra indipendentista devono avere gli stessi diritti delle altre formazioni politiche per affrontare un processo di dialogo e di negoziazione e, ovviamente, per partecipare in seguito al processo elettorale.

 È stato pubblicato che a partire dalle assemblee organizzate in luglio la base di Batasuna ha forzato la direzione ad irrigidire le sue posizione sulla legalizzazione…

Queste assemblee non si sono mai svolte, e qualsiasi militante potrà confermarvelo. Abbiamo fatto delle assemblee dopo l’annuncio del cessate il fuoco dell’Eta per definire gli obietti del processo. In questo momento, dopo sei mesi, facciamo un’analisi e la condividiamo con le nostre basi sociali, ponendo delle linee d’azione a breve termine per far uscire il processo dall’attuale situazione di stallo, e nello stesso tempo definiamo la nostra agenda, come fanno tutte le formazioni politiche all’inizio dell’anno.

 Le azioni di kale borroka (letteralmente lotta di strada: si tratta di azioni isolate contro bancomat, autobus…) sono aumentate e sono state messe al centro del dibattito come responsabili dello stallo del processo…

 Se il processo non avanza non dipende dal kale borroka. Durante i primi mesi del cessate il fuoco, non c’era il livello di kale borroka che si registra oggi e il processo non è ugualmente avanzato nei termini che questo paese reclama. Se avessimo chiesto a qualsiasi cittadino, otto mesi fa, quali fossero i passi da compiere dopo la dichiarazione del cessate il fuoco, avrebbe risposto che il primo sarebbe dovuto essere la creazione di una piattaforma di partiti per discutere dei temi politici; il secondo, riportare i prigionieri nei Pesi Baschi; e il terzo che l’attività politica della sinistra indipendentista fosse rispettata. Nelle interviste si vede che questa è la richiesta di una larga maggioranza dei cittadini di questo paese. E non solamente questi passi non sono stati fatti, al contrario… Lo Stato spagnolo e francese hanno mantenuto i loro apparati repressivi, le condanne dei detenuti si sono appesantite - di qui la situazione di Inaki de Juana - e gli attacchi contro l’attività politica della sinistra indipendentista sono costanti. Sono probabilmente tutte queste aggressioni a scatenare ora queste reazioni. C’è una risposta nell’ottica di kale borroka, ma ce n’è anche un’altra di mobilitazione cittadina. Ma, ripeto, sono scuse utilizzate per rigettare il dibattito politico. Dapprima hanno detto che era necessario il cessate il fuoco, poi hanno cercato di utilizzare il ricatto della legalizzazione e ora si servono della kale borroka. Poi diranno chissà cos’altro. Quello che diciamo è che le scuse sono finite, sono passati sei mesi ed è venuto il momento di iniziare il processo di dialogo e di negoziazione.

 L’apparizione di militanti dell’Eta, sabato scorso, a Aritxulegi, così come il messaggio che hanno inviato hanno attirato l’attenzione, che ne pensate?

 Tocca all’Eta, e non a noi, dare spiegazione sulle azioni e i discorsi dell’Eta. Noi comprendiamo questo discorso in termini strategici, strategia nella quale l’Eta ricorda i suoi obiettivi politici finali che sono l’indipendenza e il socialismo.

È stato molto speculato su questa apparizione, per sapere se interrompe qualche cosa o se tutto continua come prima…

 Insisto sul fatto che noi pensiamo che queste dichiarazioni sono fatte secondo parametri strategici. L’analisi del momento attuale fatta dall’insieme della sinistra indipendentista è che il processo sta in una situazione di crisi e di stallo che bisogna sorpassare facendo, definitivamente, una scommessa seria e responsabile, con delle posizioni concrete e ferme in due direzioni: favorire il dialogo politico per giungere, tutti insieme, ad un accordo su un quadro giuridico e politico che rispetti la parola e la decisione di questo popolo; in secondo luogo, disattivare i meccanismi giudiziari, polizieschi e repressivi che, per decenni, sono stati impiegati per cercare di farla finita con la sinistra indipendentista, ciò che non sono riusciti a fare e non faranno mai!

Lo scorso 13 settembre Batasuna ha sostenuto che il Parlamento europeo potrebbe aiutare a sbloccare la situazione di stallo e ha annunciato una riunione plenaria che ha ora una data precisa…

 Prima di tutto, malgrado quello che ha detto Mayor Oreja non siamo noi che abbiamo annunciato questa seduta. I parlamentari europei di Friendship - che lavorano per sostenere il processo e la cui azione ha contribuito a che, per la prima volta, la situazione dei Paesi Baschi e del conflitto politico occupasse una seduta del Parlamento europeo -, l’hanno detto prima di noi. Il PSOE cercherà certamente che si svolga in termini tecnici, di negoziato tra Eta e governo spagnolo, e noi vogliamo far sapere ai parlamentari europei e alla comunità internazionale che la risoluzione del conflitto basco passa per un accordo politico e per il riconoscimento del diritto di autodeterminazione.

 In questo momento la situazione umana è preoccupante. Molti detenuti dovevano uscire di prigione ma hanno visto allungarsi le condanne. È il caso di Inaki de Juana che è da 55 giorni in sciopero della fame. Qual è la questione?

 Rimettere in libertà detenuti malati, quelli che hanno scontato la pena e a cui si applica la «dottrina Parost» con lo scopo di trattenerli in prigione, rimettere in libertà Inaki de Juana, che rischia 96 anni di prigione per aver scritto due editoriali. Questi e altri sono i passi che il governo spagnolo avrebbe dovuto compiere in questi mesi. Il resto del Collettivo dovrà essere riportato nei Paesi Baschi al più presto per poter partecipare a questo processo. E alla fine di questo processo tutti i detenuti dovranno ritornare in libertà, così come è successo per tutti i conflitti risolti del mondo.

*Solidali col popolo basco in lotta – Parigi è un gruppo internazionalista che opera nella regione parigina e il cui obiettivo è combattere il silenzio mediatico che pesa sul conflitto basco e la lotta del popolo basco per il rispetto dei suoi diritti individuali e collettivi, in primo luogo quello all’autodeterminazione. Noi non facciamo parte del Movimento di liberazione nazionale basco, ma cerchiamo, con i nostri mezzi, di dare il nostro sostegno a questo movimento, diffondendo testi e traduzioni che emanano, sostenendo il Collettivo dei prigionieri politici baschi nelle loro iniziative e apportando un aiuto concreto alle loro famiglie.

SOLIDAIRES DU PEUPLE BASQUE EN LUTTE – PARIS

SPBL – PARIS

contact@spbl-paris.org

www.spbl-paris.org

A presto

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