La bella rivoluzione di fronte all’impero e l’avvento di una nuova era

di Héctor José Arenas Amorocho

Tradotto da Gianluca Bifolchi

Il 3 dicembre del 2006 il Venezuela assisterà ad elezioni senza precedenti, per l’enorme importanza che assumono: la scelta tra la continuità della rivoluzione dell’indipendenza bolivariana guidata dal Presidente Hugo Chavez Frías o il ritorno al tracciato imperiale per la regione diretto da George Bush II.

Così, in questo inedito e decisivo scenario del cangiante ordine mondiale, la ricorrenza elettorale si trasforma in un epigono del movimento politico di fondo che supera ampiamente la cornice dello stato nazionale, per suscitare effetti sia regionali che globali.

A meno di tre mesi dalle elezioni, l’aggressione impunita del regime di Bush

alla rivoluzione bolivariana è entrata in una nuova fase. Avendo chiaro che sul terreno dei voti risulta impossibile abbattere il riconoscimento del popolo venezuelano alla straordinaria opera sociale ed economica del processo rivoluzionario democratico, contenere il temibile effetto che suscita nella regione l’esempio venezuelano e l’inaccettabile sfida all’ordine imperiale planetario che Chavez incarna—esprimendo con chiarezza quello che molti nel mondo pensano, ma hanno paura di dire – nella stanza dei bottoni di Washington iniziato una nuova offensiva, senza esclusione di trucchi.

Stanno spingendo, come un mezzo e non come un fine, la carta democratica incarnata dal candidato dell’opposizione unita, il governatore dello stato del Zulia Manuel Rosales, ed hanno messo in marcia anche il Piano Alcatraz: una strategia destabilizzatrice organizzata con l’opposizione golpista interna che contempla al momento giusto la rinuncia di Rosales, la denuncia mediatica della frode elettorale, le azioni terroristiche, principalmente sulla frontiera con la Colombia, e le mobilitazioni di piazza note come  guarimbas , che precedettero il tentato e fallito golpe dell’aprile 2002. Con questo piano, che non esclude l’omicidio ad alto livello, cercano di mettere fine alla rivoluzione bolivariana durante questo processo elettorale decisivo per il Venezuela e l’America Latina.

La  bella rivoluzione  in Venezuela si è tradotta in un’opera umana ed in un progresso economico di impressionanti proporzioni. La disoccupazione è scesa sotto la quota delle due cifre ed è attualmente al 9,6% e sono in piena attuazione i piani, gli stimoli e gli aiuti che condurranno a disoccupazione zero. Si approfondisce il progresso di un’economia sociale in cui non si dimenticano gli esseri umani, e in cui l’attività umana si riorienta rispetto alla crescita come meta suprema escludente, verso la cura della vita, la natura, e l’infinito perfezionamento culturale. Tuttavia, la stessa crescita economica ha raggiunto livelli medi straordinari e continui del 12,6% durante gli ultimi tredici trimestri. Le riserve internazionali stanno crescendo in modo quasi esponenziale dai 28.000 milioni nel febbraio del 2006, ai 34,795 milioni di dollari in agosto. Gli utili di PDVSA, l’impresa statale dei petroli hanno raggiunto i 6.200 milioni di dollari nel primo semestre del 2006 superando gli utili dello stesso periodo nel 2005, e smentendo gli annunci sulle perdite che subirebbe per essere passata sotto il controllo diretto del governo rivoluzionario venezuelano. Questo mese di settembre è stata proposta in modo ufficiale a vari governi latinoamericani la creazione di una Banca del Sud per rafforzare l’autonomia finanziaria e l’esecuzione di progetti di impatto regionale nell’orizzonte di una integrazione sovrana dei popoli della regione.

Il salario minimo in Venezuela ha conosciuto un incremento del 26,5% e considerate tutte le prestazioni raggiunge una cifra vicina al milione di bolivares in media all’anno. La dimensione dell’afflusso di denaro in circolazione con la moltiplicazione della spesa pubblica ha innescato una pressione sui prezzi che deve essere affrontata dalle autorità monetarie e fiscali.

Il 10 di agosto il Presidente Chavez ha dato inizio al processo formale di certificazione internazionale che riconoscerà che il Venezuela dispone delle maggiori riserve petrolifere del pianeta. I benefici derivati dall’incremento del prezzo del petrolio che è passato da una media di 20,21 dollari nell’anno 2000, fino ad una media di 58,74 nel 2006, sono stati destinati alla salute, all’alimentazione, all’istruzione, alla cultura, all’abitazione, al lavoro salariato, migliorando in maniera innegabile la qualità della vita degli esclusi per secoli dalla ricchezza nazionale.

In questo campo è imprescindibile precisare che una cosa è parlare di salute e di cifre, ed altra è fare l’esercizio di immaginare cosa significa l’enorme riduzione della sofferenza umana e della portata della sofferenza umana attraverso le cure mediche, chirurgiche e farmacologiche, l’accesso all’alimentazione dove imperava la fame, la salubrità dove prevalevano condizioni patologiche, i libri e la formazione dove regnava l’analfabetismo e l’assenza di qualunque speranza di poter studiare.

Si aggiunga a tutto ciò il riconoscimento e l’entusiasmo che nascono lì dove imperava solo l’abbandono, l’angoscia e la disperazione.

In questa straordinaria opera sociale ed umana realizzata a tempo di record è stata decisiva la relazione con Cuba. L’esperienza della rivoluzione cubana, unita allo spirito di dedizione ed abnegazione di migliaia e migliaia di medici, infermieri e tecnici della riabilitazione cubani e venezuelani, ha reso possibile l’assistenza medica ed un processo formativo che supera spesso la qualità dei servizi offerti in molti dei cosiddetti paesi sviluppati, specialmente per via dell’unione tra la qualificata competenza professionale con l’eccezionale umanità nell’assistenza. Nel 2004 il flusso commerciale tra i due paesi è arrivato agli 800 milioni di dollari, nel 2005 ha raggiunto i 1.600 milioni e nel 2006 si situa intorno ai 1.800 milioni. Si arriva al 2006 con circa 10.000 studenti venezuelani che si formano come medici per aiutare il loro ritorno alle comunità povere, secondo quanto dice Emiro Brito, ministro consigliere ed incaricato degli affari dell’ambasciata del Venezuela all’Avana. [1]

L’ALBA, Alternativa Bolivariana per le Americhe, sottoscritta nel dicembre del 2004 tra Venezuela e Cuba, si costituisce così in un meccanismo di integrazione regionale di cooperazione solidale ed egualitaria, un colpo mortale all’ALCA, il Trattato annessionista del Libero Commercio per le Americhe sostenuto dal governo statunitense a beneficio delle sue grandi imprese, e ai processi di integrazione nei quali gli utili hanno maggiore considerazione rispetto all’attenzione verso le necessità delle comunità. L’ingresso ufficiale del Venezuela nel MERCOSUR nel luglio di quest’anno, si inscrive in questa logica irrefrenabile di un’integrazione autonoma ed alternativa a quanto Washington prevede per la regione.

Insieme a questo colpo demolitore degli interessi statunitensi nell’emisfero, l’azione internazionale della rivoluzione bolivariana, attraverso accordi di cooperazione con Cina e Russia, il suo deciso appoggio ai popoli del Libano e della Palestina in Medio Oriente di fronte all’aggressione del governo israeliano appoggiato da Washington, e l’impegno di potenziare la cooperazione con i popoli dell’Africa, sta generando una ricomposizione dello scenario globale, al quale si aggiungerà una pietra miliare se si produce in questo mese di settembre, come è assai probabile, l’elezione del Venezuela come membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle nazioni Unite, ed una voce irriducibile comincerà ad esprimersi a partire del 9 di ottobre in nome dei popoli oppressi ed aggrediti della terra.

Così si sta producendo il transito da uno scenario caratterizzato dalla deriva globale dell’egemonia bellica statunitense, verso quello che potrebbe essere l’equilibrio di un ordine mondiale multipolare. Un cambiamento dal tenebroso orizzonte del predominio della forza, del cinismo e dello scontro, ad una nuova era di luce, un’era di risvegli nella quale il meglio dello spirito umano possa alla fine consacrarsi alla risoluzione dei più seri e pressanti problemi aggravati da decenni di impero planetario da parte dell’egoismo e della violenza.

Davanti alle decisioni democratiche e sovrane del governo di Chavez ed alla sua ferma decisione di collocare i benefici della ricchezza energetica al servizio del popolo venezuelano, alla costruzione di un socialismo creativo nutrito nelle sue radici ancestrali ed all’imprescindibile processo di integrazione solidale del Sud, il regime di Bush ha riprogrammato una strategia di destabilizzazione attraverso l’esecuzione diretta, lo stimolo e il sostegno ad un insieme di azioni dirette a far cadere il processo della rivoluzione bolivariana.

Il 13 di agosto, il giorno dopo l’iscrizione ufficiale della candidatura del Presidente Chavez, ci fu la fuga di Carlos Ortega, già Presidente dell’organizzazione padronale Centrale dei Lavoratori del Venezuela e che si trovò implicato nel fallito golpe dell’aprile 2002; insieme a lui evasero tre ufficiali, due coinvolti nell’ingresso di paramilitari colombiani nel maggio del 2004 per realizzare sabotaggi ed attentati politici, ed uno in un attentato contro la vita del presidente Chavez. Per la dinamica della fuga e le dimensioni delle bustarelle pagate, è molto difficile pensare che la stessa potesse aver luogo senza appoggio esterno. Il quotidiano Vea, nella sua edizione di venerdì 1° settembre ha segnalato che gli indizi dimostrano, tra le altre cose, la partecipazione di  un ex deputato internazionalista, molto legato ai servizi segreti degli Stati Uniti .

Il 18 agosto, il direttore dei servizi di spionaggio statunitensi, John Negroponte, ha annunciato la designazione di un funzionario che si incaricherà di  ottenere ed analizzare informazioni di intelligence su Cuba e Venezuela . L’incarico sarà ricoperto dall’agente CIA Jack Patrick Maher, che ha 32 anni di esperienza, soprattutto in Colombia e nell’area dei Caraibi, ed ha il compito di  assicurare l’implementazione delle strategie per Cuba e Venezuela .

Allo stesso tempo, è in atto un’offensiva della CIA nei mezzi di comunicazione, tendente a creare atmosfere di opinione pubblica favorevoli o tolleranti verso future azioni diplomatiche, politiche e persino militari contro Cuba e Venezuela.  La guerra contro il narcotraffico  è stata utilizzata per far circolare l’opinione che alla radice dell’espulsione di agenti DEA per attività di spionaggio in Venezuela c’è la mancata collaborazione del paese in questa lotta. A dispetto di quanto ha affermato il vicepresidente José Vincent Rangel:  Il governo degli Stati Uniti non ha l’autorità morale per erigersi a giudice su questa materia... Perché alti membri del governo del Presidente George Bush sono implicati nel narcotraffico e perché il sistema finanziario degli USA è gravemente penetrato dal narcotraffico... (...) Devo anche dire che dopo che la DEA è uscita dal Venezuela, il sequestro di droga è aumentato del 40% . [2]

Il 23 agosto ha avuto luogo il ritrovamento di detonatori e cavi usati per esplosioni in un carico dell’Ambasciata Statunitense. L’invio è avvenuto con un carico aereo di 20 casse che si è cercato di far entrare in Venezuela in esenzione doganale diplomatica. Il governo degli USA, una volta scoperto, ha accusato il governo venezuelano di violazione dell’immunità diplomatica. La domanda alla quale il governo statunitense non ha risposto è: perché vogliono far entrare di nascosto questo tipo di materiale militare?

In questa stessa settimana di Agosto l’Associated Press ha ottenuto, su richiesta fatta in base alla Legge sulla Libertà d’Informazione, 1.600 pagine sul finanziamento del governo statunitense a gruppi di oppositori venezuelani.  Da tempo, l’avvocato americano Eva Golinger nel libro  Il codice Chavez  ha reso noti documenti sulla consegna di denaro dai fondi pubblici statunitensi a raggruppamenti dell’opposizione venezuelana. Ora, dopo il tentato golpe nell’aprile 2002, l’Ufficio delle Iniziative della Transizione (OTI) di USAID riconosce di aver supervisionato la consegna di più di 26 milioni di dollari per il Venezuela, e la Fondazione Nazionale per la democrazia (National Endowment for Democracy), finanziata dal Congresso Statunitense, ha consegnato dal 2002 altri 2,9 milioni di dollari a gruppi dell’opposizione.

Il 29 Agosto, il candidato Manuel Rosales, che sottoscrisse nel 2002 l’atto golpista di Pedro Carmona, è tornato a Miami ed ha dichiarato di avere  un’agenda aperta di conversazioni con il governo degli Stati Uniti .

Per fare fronte a questa strategia di destabilizzazione, che può ben suscitare l’espresso rifiuto internazionale, il governo di Chavez conta ora prima di tutto sul riconoscimento popolare all’opera sociale innegabile della rivoluzione, con gli enormi progressi che stanno avendo luogo nel processo dell’organizzazione popolare, con forze armate ripulite dopo il tentato golpe del 2002, con un’architettura di comunicazione meno vulnerabile ad essere conquistata, e con i progressi nella formazione ideologica in ampi settori della popolazione.

Il compito colossale di superare le frammentazioni e le rivalità interne, esplicite o larvate, che tanto nuocciono alla dinamica della bella rivoluzione, è in marcia; come lo è il fare fronte ai casi di corruzione che tanto pregiudicano la fiducia in questo impressionante processo di riscatto della dignità e dell’amor proprio, che tanto profondi significati ha per i popoli dell’America Latina, e per i popoli oppressi del mondo.

In questo senso, il processo di dibattito elettorale, con un registro che raggiungerà una cifra vicina ai 16 milioni di votanti, si sta convertendo, forse senza proporselo, in un intenso ed impressionante processo di pedagogia politica non solo verso l’interno, dove persistono considerevoli frange che disconoscono le conquiste ed il significato della proposta rivoluzionaria, ma anche verso l’America Latina, dove ancora c’è bisogno di elevare in forma esponenziale la comprensione del significato demolitore del processo bolivariano per il regime imperiale di saccheggio, spoliazione e miseria.

Note:

1 Diario El Universal , 2 settembre 2006

2 Revista América XXI , aprile 2006

 

AL SUD DELLA FRONTIERA: 07/09/2006

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