RASSEGNA STAMPA SU MANIFESTAZIONE PER LA PALESTINA A ROMA IL 18 NOVEMBRE 2006

1.
Comunicato stampa del Forum Palestina

LA PALESTINA TORNA AL CENTRO DELL’AGENDA POLITICA. NESSUNO POTRÀ
SOTTOVALUTARE LA STRAORDINARIA MANIFESTAZIONE A ROMA

Migliaia di persone sono arrivate da tutta Italia - a proprie spese e
con
una dimostrazione di autorganizzazione impressionante - per dare vita a
Roma
ad una manifestazione che ha posto all’agenda della politica estera
italiana
questioni dalle quali sarà difficile sottrarsi ancora.
La revoca dell’accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele e
la
revoca del vergognoso embargo contro i palestinesi, insieme alla
rivendicazione della libertà e dell’autodeterminazione del popolo
palestinese, sono stati al centro della piattaforma,degli interventi,
degli
slogan e delle decine di interviste rilasciate nella manifestazione di
Roma.
La concomitanza con la manifestazione della Tavola della Pace e
dell’apparato di governo a Milano, ha prodotto un effetto moltiplicatore
alla partecipazione e alla chiarezza sui contenuti che era ben visibile
nel
grande corteo che ha sfilato per le strade di Roma.
La spinta alla promozione e alla partecipazione era stata assai forte
nelle
ultime due settimane, soprattutto davanti alla consapevolezza che
l’interruzione della cooperazione tra l’Italia e l’apparato militare
israeliano può e deve essere il parametro su cui nei prossimi mesi si
misurerà la capacità di incidere concretamente per mettere fine alla
mattanza dei palestinesi in corso ormai da anni nei Territori
Palestinesi
nel silenzio, nell’inerzia e spesso nella complicità dei governi
europei,
incluso quello italiano.
La manifestazione di Roma ha svelato pubblicamente l’esistenza di questa
complicità militare che disvela le troppe ambiguità di una equidistanza
del
governo italiano dichiarata ma non praticata tra la politica israeliana
e i
diritti del popolo palestinese.
Oggi nessuno può più dire non lo sapevo e il tentativo di insabbiare il
tutto limitandosi agli attacchi e alle polemiche su episodi marginali
come
bandiere o pupazzi bruciati in una manifestazione sostanzialmente
tranquilla
ma assai determinata (cosa verificabile e verificata da tutti) non
riuscirà
a nascondere a lungo una contraddizione ormai pubblica.
Questa “trappola” era una costante che aspettavamo al varco, tant’è che
una
bandiera è stata bruciata dal palco, una bandiera nazista, affinché
tutti
sappiano che chi è solidale con la Palestina lo è perché è anche
corentemente antifascista, antimperialista, antirazzista.
La prosecuzione della raccolta di migliaia di firme sulla petizione per
la
revoca dell’accordo militare e l’avvio della campagna per il
boicottaggio e
il disinvestimento verso le aziende italiane che investono nell’economia
di
guerra israeliana (a cominciare dalla Telecon), saranno nelle prossime
settimane i temi di una vasta e capillare campagna in tutto il paese.
Questi
strumenti hanno dato un contributo decisivo per sconfiggere il regime
dell’apartheid in Sudafrica, oggi possono darlo anche per sconfiggere la
politica coloniale di Israele verso i palestinesi dei Territori, di
quelli
che vivono in Israele o nei campi profughi della diaspora.
Su questo sarà possibile verificare in concreto l’ipocrisia
dell’equidistanza o la profondità della complicità con l’occupazione
della
Palestina. Le cose si possono fare e non è scritto da nessuna parte che
l’unica opzione sia quella di mandare i militari su tutti i teatri di
crisi
e di guerra.
La “politica” sia essa di destra o della sinistra di governo non può
pensare
di seppellire tutto con la criminalizzazione o la cooptazione delle
forze
sociali. La riuscita della manifestazione di Roma lo sta a dimostrare.
In
piazza eravamo in tanti, eravamo uno in più della manifestazione di
Milano.

Roma, 19 novembre 2006
Il Forum Palestina

2.
Leila Khaled

IL MESSAGGIO DI LEILA KHALED

Dato il divieto di ingresso per Leila Khaled, che doveva partecipare
alla
manifestazione, è stato letto e tradotto un suo messaggio alla fine
della
bellissima, pacifica e foltissima manifestazione di Roma.
Ecco il testo:
Care compagne, cari compagni,
Avrei voluto essere tra di voi per portarvi i saluti dei palestinesi ma
mi è
stato impedito. Sembra che in questo mondo unipolare possono circolare
solo
le merci ma non le persone e putroppo ai palestinesi, decimati da un
embargo
infinito, neanche le merci arrivano. Anche per questo le manifestazioni
di
solidarietà come la vostra sono essenziali per noi. Grazie per aiutarci
a
spezzare il muro di silenzio che insieme all’altro muro, che si estende
per
chilometri intorno ai territori occupati, rinchiude il nostro popolo in
una
gabbia a cielo aperto. Per questo l’iniziativa è utile e condivido la
vostra
proposta: chiediamo al governo italiano di abolire gli accordi di
cooperazione militare con Israele e la fine di tutti quegli accordi a
carattere economico e/o scientifico che alimentano l’economia di guerra.
Chiediamo che venga spezzato l’embargo a catena contro il nostro popolo
umiliato e privato di ogni diritto. Chiediamo il ritorno dei profughi
esuli
da 60 anni. Lo chiediamo a tutte le forze progressiste e a tutti i
movimenti
che desiderano un mondo diverso.
Care compagne, cari compagni, la nostra sofferenza è grande, il nostro
presente è incerto ma siamo determinati a resistere.
La lotta per una Palestina libera sarà il contributo del nostro popolo
alla
libertà di tutte e tutti. Alla realizzazione di un mondo dove la libertà
non
sia solo una vuota parola.
Leila Khaled, 18 novembre 2006

3.
L’ANSA

Roma - La cronaca della manifestazione fatta dall’ANSA
Bandiere bruciate, manichini-soldati dati alle fiamme e slogan duri
contro i
caduti italiani in Iraq. La manifestazione romana a sostegno della
Palestina
era partita con le migliori premesse, ma una volta arrivata a piazza
Venezia, sua destinazione finale, ha prevalso l’ala dura, quella
rappresentata da un piccolo
gruppo di esponenti dei centri sociali del Nord-Est: hanno prima
bruciato
tre manichini-soldati avvolti nelle bandiere Usa, israeliana ed
italiana, e
hanno poi urlato slogan durissimi: “l’unico tricolore da guardare e’
quello
disteso sulle vostre bare” preceduto dal “10,100,1000 Nassiriya”,
gia’
gridato in altre manifestazioni. Poco prima nel corteo si era visto
sfilare
un manifestante che brandiva una bandiera Usa con stella di Davide e
svastica.
Eppure a piazza della Repubblica l’atmosfera che si respirava alla
partenza
era tutt’altra: i passi dei manifestanti erano scanditi da una musica
arabeggiante; alla testa, sotto lo striscione “vita, terra, liberta’
per il
popolo palestinese” bambini dei Territori sventolavano bandiere della
Palestina. Gli stessi Oliviero Diliberto e Marco Rizzo unici esponenti
della
maggioranza in piazza a Roma, avevano garantito un corteo indirizzato
“verso la pace”.
“Sono critico nei confronti del Governo di Israele - aveva detto il
segretario del Pdci - ma non sono anti-israeliano anche perche’ quando
criticavo Berlusconi cosa ero, anti-italiano?” Lungo il serpentone che
ha
attraversato via Cavour, secondo gli organizzatori la partecipazione ha
toccato le 20 mila presenze. Centinaia le bandiere tra i manifestanti:
perlopiu’ palestinesi, molte quelle del Movimento per la Costituzione
del
Partito Comunista dei Lavoratori di Marco Ferrando, anche lui in piazza,
poi
dei Cobas, del Pdci e qualcuna anche di Rifondazione Comunista.
Numerosi i messaggi lanciati dagli striscioni che hanno accompagnato il
corteo: i Cobas si sono schierati “con la resistenza irachena e
palestinese”; i centri sociali “contro
la guerra imperialista al fianco dei popoli in rivolta”; piu’ moderata
la
posizione del Pdci che ha chiesto “per i due popoli, Israele e
Palestina,
due stati”. Al centro della
contestazione anche la Telecom per i rapporti commerciali intrattenuti
con
lo stato d’Israele, molti manifesti infatti recitavano: “Telecom,
telefoni
rosso sangue”.

4.
L’AGI

Palestina: le diverse sfumature tra Ferrando e Rizzo

(AGI) - Roma, 18 nov. - C’e’ chi manifesta contro il governo
dell’Unione,
chi per sollecitare il governo dell’Unione a prendere iniziative
concrete.
E’ una questione di sfumature tra i partecipanti alla manifestazione per
la
pace in Palestina in corso a Roma. Marco Ferrando, leader del partito
comunista dei lavoratori, sottolinea il senso critico della
manifestazione e
rileva che e’ sufficiente guardare la piattaforma per capire l’evidenza:
a
Milano la manifestazione vuole due Stati per due popoli, a Roma si pensa
a
uno Stato palestinese, punto e basta.
Marco Rizzo, dei Comunisti italiani, ha una posizione molto piu’
pragmatica:
“Vogliamo sollecitare il governo a prendere iniziative concrete in
appoggio
della pace in Palestina. Questo e’ il primo obiettivo, la pace in
Palestina”.

Corteo pace - «10, 100, 1000 Nassiriya». Parisi: minoranza imbecilli

(AGI) - Roma, 18 nov. Manichini-soldati dati alle fiamme e slogan duri
contro i caduti italiani in Iraq. La manifestazione romana a sostegno
della
Palestina era partita con le migliori premesse, ma una volta arrivata a
piazza Venezia ha prevalso l’ala dura ROMA - Bandiere bruciate,
manichini-soldati dati alle fiamme e slogan duri contro i caduti
italiani in
Iraq. La manifestazione romana a sostegno della Palestina era partita
con le
migliori premesse, ma una volta arrivata a piazza Venezia, sua
destinazione
finale, ha prevalso l’ala dura, quella rappresentata da un piccolo
gruppo di
esponenti dei centri sociali del Nord-Est: hanno prima bruciato tre
manichini-soldati avvolti nelle bandiere Usa, israeliana ed italiana, e
hanno poi urlato slogan durissimi: «l’unico tricolore da guardare è
quello
disteso sulle vostre bare» preceduto dal «10,100,1000 Nassiriya», già
gridato in altre manifestazioni. Poco prima nel corteo si era visto
sfilare
un manifestante che brandiva una bandiera Usa con stella di Davide e
svastica.
Puntuale e dura la critica del mondo politico. Dall’opposizione ma anche
da
esponenti del centro sinistra. Per il segretario dei Ds Piero Fassino si
tratta di «manifestazioni di pura provocazione politica». Gli ha fatto
eco
il sindaco della capitale Walter Veltroni secondo cui «Roma considera
deliranti e inaccettabili gli slogan che ancora una volta hanno
purtroppo
sporcato la memoria degli italiani uccisi in Iraq da mano assassina».
Condanna anche dal presidente della provincia Enrico Gasbarra :«Provo
una
profonda vergogna per questi slogan incivili».
Eppure a piazza della Repubblica l’atmosfera che si respirava alla
partenza
era tutt’altra: i passi dei manifestanti erano scanditi da una musica
arabeggiante; alla testa, sotto lo striscione «vita, terra, libertà per
il
popolo palestinese» bambini dei Territori sventolavano bandiere della
Palestina. Gli stessi Oliviero Diliberto e Marco Rizzo unici esponenti
della
maggioranza in piazza a Roma, avevano garantito un corteo indirizzato
«verso
la pace».
«Sono critico nei confronti del Governo di Israele - aveva detto il
segretario del Pdci - ma non sono anti-israeliano anche perchè quando
criticavo Berlusconi cosa ero, anti-italiano?» Lungo il serpentone che
ha
attraversato via Cavour, secondo gli organizzatori la partecipazione ha
toccato le 20 mila presenze. Centinaia le bandiere tra i manifestanti:
perlopiù palestinesi, molte quelle del Movimento per la Costituzione del
Partito Comunista dei Lavoratori di Marco Ferrando, anche lui in piazza,
poi
dei Cobas, del Pdci e qualcuna anche di Rifondazione Comunista.
Numerosi i messaggi lanciati dagli striscioni che hanno accompagnato il
corteo: i Cobas si sono schierati «con la resistenza irachena e
palestinese»; i centri sociali «contro la guerra imperialista al fianco
dei
popoli in rivolta»; più moderata la posizione del Pdci che ha chiesto
«per i
due popoli, Israele e Palestina, due stati». Al centro della
contestazione
anche la Telecom per i rapporti commerciali intrattenuti con lo stato
d’Israele, molti manifesti infatti recitavano: «Telecom, telefoni rosso
sangue».

5.
L’Unità
Roma, il corteo che non vuole «equidistanza»
Paola Zanca
La parola «equidistanza», oggi a Roma è quasi una bestemmia. E
rappresenta
tutto ciò che il corteo che ha sfilato per le strade della capitale in
opposizione alla manifestazione milanese non vuole nemmeno sentire
nominare.
Siamo in mezzo al migliaio di persone che sabato ha scelto di aderire
alla
piattaforma più intransigente, quella che non vuol sentir parlare di
«stessa
dignità, stessi diritti, stessa sicurezza». Dicono di voler stare solo
dalla
parte delle vittime, degli oppressi, senza prestare il fianco a equivoci
e
ipocrisie. Ma la manifestazione finisce, come da programma, con tre
fantocci
di cartone raffiguranti - un soldato israeliano, uno italiano e uno
americano - bruciati e slogan già “rodati” per fare notizia su «dieci,
cento, centomila Nassirya», su cui arrivano oltre agli strali del
centrodestra, le accuse di strumentalità dell’Unione e la ferma
deplorazione
del presidente della Camera Fausto Bertinotti contro una simbologia
violenta
che «getta benzina sul fuoco» e che deve essere «non permessa» e
ricondotta
a una logica pedagogica della politica democratica.
In piazza a Roma ci sono le associazioni che aderiscono al Forum
Palestina
Libera, ci sono i Cobas, scesi in piazza a manifestare contro quella che
Piero Bernocchi chiama «la linea D’Alema, schierata apertamente con
Israele», ci sono i Comunisti Italiani che hanno aderito «non perché
sono
anti-israeliano - spiega il segretario Oliviero Diliberto - ma perché la
sua
politica nuoce ad Israele», c’è il Partito Comunista dei Lavoratori di
Marco
Ferrando, e alcuni centri sociali più schierati, come il Vittoria di
Milano,
il Gramigna di Padova e l´Intifada di Firenze.
Non c’è Rifondazione Comunista, che invece ha scelto di dare il suo
sostegno
al corteo milanese, e non mancano i malumori tra i manifestanti che non
hanno condiviso l’appoggio di Rc alla politica del governo nella
questione
mediorientale. E che ha anche al suo interno diverse anime dissidenti:
Sinistra Critica e L´Ernesto, due delle mozioni alternative a quella del
segretario Giordano, hanno aderito a entrambe le manifestazioni, e non
sono
mancate le singole adesioni di alcuni circoli e di alcuni iscritti, che
hanno portato a Roma alcune - poche - bandiere di Rifondazione.
Senza chiaroscuri
Parole d’ordine, come si dice, senza chiaroscuri : il corteo chiede al
governo italiano di interrompere le relazioni economiche e militari con
Israele e di rimuovere l’embargo nei confronti del governo di Hamas,
chiede
la distruzione del Muro e soprattutto non vuole nessuna «equidistanza»:
«Non
saremo mai equidistanti - scandisce una voce dal camion che sta in testa
al
corteo - tra occupati e occupanti, tra oppressi e oppressori. Non c’è
nulla
da spartire tra noi e Milano, tra noi e chi si preoccupa della sicurezza
degli assassini, tra noi e chi finanzia e arma un popolo di oppressori».
Ma
dalle vive voci di alcuni dei manifestanti, la polemica sui cortei
antagonisti, si sgonfia almeno un po’. Tra i palestinesi in marcia, c’è
chi
dice di aver saputo solo oggi del doppio incontro e ammette «mi hanno
chiesto di venire a Roma e sono venuto», e anche tra gli organizzatori
della
manifestazione si cercano di calmare le acque: «Chiediamo unità e
coerenza
al movimento pacifista per riuscire a ottenere risultati concreti per la
pace - ci spiega Shokri Hruub, dell’Unione Democratica
Arabo-Palestinese -
noi crediamo che questo sia il percorso migliore,e speriamo in futuro di
riuscire a manifestare di nuovo insieme, come abbiamo sempre fatto».
Intanto
un falò brucia tre fantocci raffiguranti un soldato israeliano, uno
italiano
e uno americano, versione moderna della pace equidistante, almeno
secondo la
versione che piace ai manifestanti di Roma.

6.
La Repubblica

Roma, al corteo slogan e fantocci bruciati

Qualcuno ha gridato «Israele brucerà» e «Dieci, cento, mille Nassiriya».
Terminata pacificamente la manifestazione a Milano, tensioni nella
capitale.
Diliberto accusa: «Sono nemici della causa palestinese».
MILANO - Hanno preso due strade completamente diverse le manifestazioni
per
la pace in Medio Oriente a Roma e a Milano. Nel capoluogo lombardo
migliaia
di persone (50 mila secondo gli organizzatori) hanno sfilato
pacificamente
da Porta Venezia a piazza Duomo con gli slogan «Due popoli, due stati»,
«Obiettivo comune pace e giustizia in Medio Oriente» e «Palestina
Israele
due popoli due stati, stessa dignità, stessi diritti, stessa sicurezza».
Presenti Moni Ovadia e l’attrice Ottavia Piccolo, i segretari nazionali
della Cgil e della Cisl, Guglielmo Epifani e Raffaele Bonanni.
Intervento
finale del presidente della Provincia Filippo Penati. Alla
manifestazione ha
partecipato anche l’ambasciatore palestinese in Italia, Sabri Ateyeh,
che ha
detto di aver «scelto di venire a Milano perché questa è una
manifestazione
unitaria e coincide con le nostra aspettative, cioè due popoli e due
stati
che vivono in pace». Il corteo romano (20 mila persone secondo gli
organizzatori) è stato invece segnato da episodi che hanno
immediatamente
scatenato polemiche e critiche da entrambi gli schieramenti politici.

FANTOCCI BRUCIATI - Tre fantocci raffiguranti un soldato israeliano, uno
italiano e uno americano sono stati dati alle fiamme lungo i Fori
Imperiali
al grido di «Israele brucerà». Il manichino italiano indossava una
bandiera
tricolore con il fascio littorio. Autori del gesto alcuni esponenti dei
centri sociali che guidavano la testa del corteo promosso dal forum
Palestina libera con lo slogan «Solidarietà al popolo palestinese»,
partito
da Piazza della Repubblica e concluso a piazza Venezia. Non sono mancati
momenti di tensione, con le telecamere che cercavano di riprendere
l’improvvisato falò e i giovani con le kefiah che tentavano di
impedirglielo
con spintoni e urla. Si sono sentiti anche altri slogan, come l’ormai
tristemente noto «Dieci, cento, mille Nassiriya», «L’unico tricolore da
guardare è quello disteso sulle vostre bare», «Prodi boia». Immediata la
presa di distanza del segretario del Pdci, Oliviero Diliberto, che ha
partecipato alla manifestazione romana: «Chi grida quegli slogan e chi
compie quei gesti è un nemico della causa palestinese» ha detto.

GLI SLOGAN - Centinaia le bandiere che hanno sventolato a Roma: per la
maggior parte palestinesi, ma c’erano anche quelle del Movimento per la
Costituzione del Partito Comunista dei Lavoratori, dei Cobas, del Pdci e
di
Rifondazione Comunista. E poi gli striscioni: i Cobas si sono schierati
«Con
la resistenza irachena e palestinese»; i centri sociali «contro la
guerra
imperialista al fianco dei popoli in rivolta»; più moderata la posizione
del
Pdci che chiede il riconoscimento per Israele e Palestina «di due
popoli,
due Stati». Diversi i manifesti contro la Telecom che criticavano i
rapporti
della società con Israele («Telefoni rosso sangue»). Lo slogan che si è
sentito più frequentemente è stato «Palestina libera, Palestina rossa».

FASSINO: «CONTRIBUTO GENEROSO» - «Un contributo importante e generoso
contro
la violenza e il terrorismo e per una pace in Medio Oriente fondata sul
principio due popoli, due Stati due democrazie». Così il segretario Ds,
Piero Fassino, ha espresso la sua soddisfazione per il successo della
manifestazione di Milano. «Il fatto - ha aggiunto - che tantissima
gente, e
tra loro moltissimi giovani, abbiamo sfilato per invocare pace e dialogo
è
la conferma di quanto largo e convinto sia il consenso di una vasta
opinione
pubblica all’esigenza di rimettere in moto un processo di pace capace di
liberare il Medio Oriente da violenza, guerra e terrorismo e di
assicurare
finalmente a israeliani e palestinesi la soddisfazione dei loro diritti.
Ed
è un forte incoraggiamento al governo italiano e all’Unione europea ad
agire, come è avvenuto in Libano, per realizzare stabilità e sicurezza
in
quella tormentata regione».

IL MONITO DI FINI - Già prima della partenza dei due cortei era
soprattutto
sulla manifestazione nella capitale che si sono concentrate le
attenzioni,
per quella che il centrodestra considera un’iniziativa di parte e
anti-israeliana. Il leader di An, Gianfranco Fini, intervenuto ai
«Colloqui
di Venezia», non ha mancato di sottolineare la presenza di due diverse
sinistre e ha puntato il dito contro il corteo romano che «non è
equidistante ma ostenta le cinture dei kamikaze che significa
legittimare il
terrorismo che ha colpito Madrid e Londra e potrebbe colpire anche
l’Italia». Sulla questione israelo-palestinese - ha commentato Fini -
«la
sinistra massimalista dice inequivocabilmente che tutte le ragioni sono
dalla parte palestinese. Qualcuno - ha aggiunto - arriva a dire
addirittura
che Israele deve scomparire». La manifestazione della sinistra moderata
che
sostiene due popoli due stati e la Road Map è, per Fini, di «apparente
ragionevolezza e buon senso»: «tutto vero, tutto giusto - ha aggiunto -,
ma
la pace si fa in due. Israele la vuole perché è una democrazia, ma sia
Hezbollah sia Hamas dimostrano con i loro comportamenti di non credere
nella
pace perché non riconoscono nemmeno l’esistenza di Israele».

LA POSIZIONE DEL PDCI - Respingono ogni critica i vertici del Pdci, che
hanno voluto prendere parte proprio alla kermesse romana. L’eurodeputato
Marco Rizzo, che ha sfilato con una kefiah sulle spalle, ha precisato
che
«siamo venuti qui per dire “Palestina libera”, ma non siamo contro
Israele».
«Sono critico nei confronti del governo israeliano - ha invece detto il
leader del partito, Oliviero Diliberto - ma non sono anti-israeliano,
altrimenti quando criticavo Berlusconi cos’ero, anti-italiano?».

7.
Mentre la manifestazione è in corso, il governo pensa alle missioni
...”di
pace”

Manovra: 3 miliardi per missioni di pace Maxiemendamento stanzia un
miliardo l’anno dal 2007 al 2009

(ANSA) - ROMA, 18 NOV - Un miliardo l’anno dal 2007 al 2009 per le
missioni
internazionali di pace viene confermato dal maxiemendamento del governo
alla
Finanziaria. ‘E’ autorizzata - recita il comma 758 - per ciascuno degli
anni
2007, 2008 e 2009 la spesa di un miliardo di euro per il finanziamento
della
partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace. A tal fine
e’
istituito un apposito fondo nell’ambito dello stato di previsione della
spesa del ministero dell’Economia’.


8.
Il Legno Storto

Usa, Italia e Israele, un unico rogo
di Antonella Rampino

«Dieci, cento, mille Nassirya». Peggio: «Gaza, Beirut, Bagdad, la
resistenza
vincerà». Tre fantocci pronti alla bisogna, in foggia di militari col
cappio
al collo, un sionista con svastica, un americano, un italiano con fascio
littorio come corazza, dati alle fiamme all’imbrunire, quando il corteo
si
andava assottigliando.
Tutto come prevedibile: la manifestazione per la Palestina a Roma si
conclude col falò dell’intelligenza, con la rappresentazione dell’idea
che
dalla violenza si possa uscire con la violenza. Tutto come un anno
prima:
segno che alle estreme della sinistra, nell’elettorato movimentista al
quale
stavolta Rifondazione ha sottratto il beneplacito («Ma qua in piazza ne
ho
visti un sacco di quelli che votano Bertinotti», sibila perfido
Diliberto),
non basta la missione italiana in Libano, non basta la politica estera
finalmente «di sinistra» targata D’Alema. Infatti, la testa del corteo
sfoggia lo striscione «Con la resistenza irachena e con quella
palestinese»,
«First of all the wall mast fall” (in inglese, perché si spera nei
network
mondiali). E soprattutto c’è in testa al corteo un rappresentante del
Forum
per la Palestina che chiede «per Israele lo stesso embargo cui è
sottoposta
la Palestina», che megafona «il governo italiano si nasconde dietro una
falsa equidistanza», «fare accordi militari con Israele è complicità con
l’occupante». Ce n’è per Ali Rashid, l’ex braccio destro di Nemer
Hammad,
oggi deputato bertinottiano, ieri in piazza a Milano, «è uno contro la
causa
palestinese».
E ce n’è per D’Alema, come sanno Oliviero Diliberto e Marco Rizzo che
infatti sfilano a tre quarti del corteo, distanziandosi e inalberando
invece
uno slogan a caratteri cubitali che, per quanto sintesi dei defunti
accordi
di Oslo, è oggi di purissimo stile dalemiano: «Due popoli, due stati».
Il
rogo e gli slogan «cretini», come prontamente li definirà poi Diliberto,
se
li aspettavano: Rizzo avvisa il segretario del Pcdi che lui sta
un’oretta e
poi se ne va. Concionano un po’, e convengono che le bandiere dei
Comunisti
italiani spariscano all’ultima curva di via Cavour. Oltre, c’è Piazza
Venezia, il luogo del rogo annunciato. Quando avviene, in simultanea sui
cellulari dei giornalisti arriva la presa di distanza del segretario dei
Comunisti italiani: «Slogan e gesti da nemici della causa palestinese».
Raggiante invece Marco Ferrando, col suo neonato «Movimento comunista
per il
Partito dei lavoratori» che, dice, presenterà «a tutte le prossime
amministrative».
A Montecitorio, intanto, dall’Unione arrivano parole di condanna:
Fassino
ritiene sia stata «pura provocazione politica», mentre il ministro della
Difesa Arturo Parisi parla di «una sparuta minoranza di imbecilli e di
teppisti». Il presidente della Camera Fausto Bertinotti definisce
«orribili
e indicibili» gli slogan contro Nassiriya. Filtra anche l’indignazione
del
Quirinale: Napolitano fa sapere di essere «naturalmente partecipe dello
sdegno». Ma il centrodestra fa le barricate: impugna slogan e rogo di
fantocci e chiede al governo di «chiarire». Paolo Bonaiuti, portavoce di
Silvio Berlusconi, stigmatizza l’episodio: «Si tratta di un episodio
gravissimo, reso ancor più grave dal fatto che al corteo era presente
qualche esponente della maggioranza». Duro anche il ministro degli
Esteri
Massimo D’Alema: «Le forze politiche, non vorrei dire del Governo, ma
rappresentate in Parlamento dovrebbero prendere le distanze da azioni di
questo tipo. Ma non perché siano contro il Governo, ma perché offendono
la
coscienza democratica o offendono paesi amici, come le manifestazioni in
cui
si bruciano le bandiere di Israele». Anche l’ambasciatore di Israele in
Italia Gideon Meir ha commentato sdegnato: «Ciò che abbiamo visto nella
manifestazione di Roma è il risultato della combinazione tra odio e
ignoranza che non fa altro che incoraggiare ulteriormente gli
estremisti».


10.
Dichiarazione all’ANSA di Marco Ferrando, portavoce del Movimento per il
Partito Comunista dei Lavoratori

FERRANDO, LINCIAGGIO BIPARTISAN MANIFESTAZIONE ROMA

(ANSA) - CATANIA, 19 nov - “Il vero scandalo non sta nella
manifestazione
di Roma per la Palestina, ma nel suo ignobile linciaggio bipartisan da
parte
di centrosinistra e centrodestra.
Centrosinistra e centrodestra non ‘inorridiscono’ di fronte a 450
palestinesi assassinati dal terrore israeliano nei soli ultimi mesi:
anzi
rivendicano la cooperazione tra Italia e Israele e l’embargo contro i
palestinesi. ‘Inorridiscono’ invece se a conclusione di una grande e
pacifica manifestazione al fianco dei palestinesi dieci ragazzi compiono
un
innocuo gesto dimostrativo, del tutto marginale, contro l’oppressione
della
Palestina”. Lo afferma Marco Ferrando, leader del movimento per il
Partito
comunista dei lavoratori.
“Vergogna! E tanto più vergognoso è l’atteggiamento del gruppo
dirigente
del Prc che dopo aver votato in nome della non violenza il
rifinanziamento
delle missioni di guerra e l’aumento delle spese militari, oggi si
accoda al
coro isterico di centrosinistra e centrodestra contro la manifestazione
di
Roma e le comunità palestinesi presenti. Nel prezzo da pagare per
governare
con Prodi e Rutelli c’è anche la falsificazione della verità e la
criminalizzazione dell’opposizione di sinistra?
In ogni caso il Movimento per il Partito comunista dei lavoratori - tra
i
principali promotori della manifestazione di Roma - non si farà
intimidire:
verità e diritti del popolo palestinese - conclude - non sono per noi
merce
di scambio”.(ANSA).

11.
RedLink

Sugli slogan indicibili

Facciamo bene attenzione! Le reazioni dell’intero arco parlamentare alla
manifestazione del 18 novembre indetta dal “Forum Palestina” non sono
gli
ordinari latrati dei patrioti offesi dagli eccessi estremistici. Qui si
sta
dicendo una cosa molto più inquietante.
Si sta dicendo che, poiché le manifestazioni contro il proprio governo e
il
proprio imperialismo possono essere attraversate anche da un solo slogan
(si
badi in questo caso che non si sta parlando neppure di una sola arma
impropria o di una sola vetrina sfasciata) “indicibile”, d’ora in avanti
incorreranno nel rischio di essere vietate e/o di essere sanzionate
penalmente. Anzi, visto che dello slogan “indicibile” le migliaia di
manifestanti neppure si sono accorti, l’arco parlamentare ha fatto
sapere
che ciò è irrilevante: per vietare o reprimere una manifestazione ostile
d’ora in avanti si potrà utilizzare un detective cameraman per scovare
lo
slogan o addirittura inventarselo. Rilevante è solo ciò che -vero o
falso o
esagerato- viene rappresentato dal Monopolio dell’Informazione Ufficiale
(MIU). La minaccia in tal senso è chiarissima e, data la condivisione
destra-sinistra- essa ha un’altissima probabilità di essere mandata ad
effetto. Anche dopo le mobilitazioni di piazza del 17 novembre contro la
finanziaria, un’opposizione di sinistra al centro-sinistra diventa
assolutamente intollerabile. A sinistra è vietato protestare!!!
Da qui ad arrivare anche ad una legge che punisce come reato la critica
al
sionismo e all’imperialismo il passo è breve. Come è noto, già in
Francia è
stato sancito per legge che il colonialismo è stato un fenomeno
progressivo.
Ciò premesso, pur essendo presenti alla manifestazione di Roma non
abbiamo
sentito gli slogan incriminati, ma anche da quanto abbiamo visto dalle
riprese televisive e sentito dai commenti pur particolarmente
faziosissimi,
gli slogan sarebbero stati “indicibili” e “orribili” perché additavano i
soldati statunitensi, israeliani e italiani come aggressori, simili ai
nazisti, delle popolazioni mediorientali.
Se così stanno le cose, capiamo l’on. Bertinotti che li aggettiva come
indicibili e orribili, se ha un senso sostanziale il suo “non posso non
dichiararmi ebreo”, aggiornato nel corso degli stermini a danno di donne
e
bambini palestinesi. Capisco pure che a lui faccia eco l’on. Franco
Giordano
dopo che egli apertis verbis ha dichiarato, in un’intervista al
Manifesto di
alcuni mesi fa, che l’antisionismo equivale ad antisemitismo.
Francamente,
però, non riusciamo a capire perché un comunista debba preoccuparsi di
zittire la prossima volta chi pronuncia questi slogan. Una
preoccupazione
del genere ci sembra il preludio del suicidio nel timore di essere
ammazzati.
Naturalmente, teniamo per fermo il discorso, se tutto ciò che abbiamo
visto
e sentito è vero. Se poi ci sono stati altri slogan che inneggiavano a
massacri gratuiti, per di più di persone innocenti, o dileggiavano
pacifici
turisti in visita ai resti di Babilonia o giustificavano mitragliamenti
su
persone convenute ad una festa di matrimonio o invitavano a torturare e
mutilare i soldati italiani, il discorso cambia. A slogan di questo
genere
cercheremmo anche noi di opporci con la critica.
Veniamo però al punto che più mena scandalo: 10, 100 Nassirya. Nel corso
della manifestazione peraltro non è stato neppure gridato, se si deve
prestar fede a tutti quelli che vi hanno partecipato. Lo sciacallaggio
televisivo, nello stile di Emilio Fede, ha ripetuto ossessivamente di
averlo
ascoltato, ma non è riuscito a farcelo ascoltare. Abbiamo seguito tutti
gli
infuriati tg, ma da nessuno di questi siamo riusciti a captare il
famigerato
slogan. Anche dalle molteplici telefonate fatte per sapere se qualcun
altro
presente l’avesse ascoltato, abbiamo ricevuto sempre risposte negative.
Ciò
precisato, questo slogan è sbagliato nella misura in cui lascia
intendere
una sorta di soddisfazione per la morte di qualcuno. Non troviamo
sbagliato
però che un comunista, schierato contro un’aggressione imperialista, si
auguri che questa venga sconfitta dagli aggrediti. Altrimenti lo slogan
del
sostegno alla resistenza contro gli occupanti, ma persino quello della
legittimità di quest’ultima rischia di diventare un modo di dire
avventato
di cui non si comprendono bene nemmeno le conseguenze. O no?
Finora, questo augurio non stato neppure previsto come reato. Il rischio
che
lo diventi con la benedizione dell’on. Bertinotti non sarà scongiurato
con
patetiche giustificazioni ed autocensure, ma ribadendo la legittimità e
la
necessità delle mobilitazioni contro le aggressioni imperialistiche, che
non
sono meno aggressive e meno imperialistiche per il fatto di essere
condotte
dalla solita “brava gente”.
Infine vogliamo ricordare che nell’ultimo giro propagandistico per il
mondo
il presidente Bush è stato accolto con manifestazioni oceaniche dove la
sua
effige e la bandiera statunitense veniva bruciata tra il tripudio
generale
dei presenti. E persino negli Usa è tradizione rappresentare i propri
governanti nelle forme più sanguinarie e orripilanti possibili senza che
questo susciti scandalo o determini autocensure ingiustificabili.