Volantino dei comitati distribuito all' assemblea di Bussoleno

Noi comitati, associazioni, presidianti, resistenti e popolo della Val Susa de-liberiamo che:

1-lallentamento della militarizazione della valle è il risultato della

mobilitazione popolare

2-ricostruiremo il presidio popolare No Tav a Venaus

3-impediremo ogni tentativo da parte di CMC e forze dellordine di occupare

nuovamente larea oggi sotto sequestro

4-ci opporremo a qualsiasi sondaggioche rientri nel progetto Tav

5-manterremo viva la mobilitazione durante le giornate olimpiche

6-saremo solidali con chiunque venga colpito da provvedimenti giudiziari che

riguardano le mobilitazioni di questi giorni

7-confermiamo e promuoviamo la manifestazione nazionale del 17 dicembre a

Torino

8-FESTEGGEREMO LANNO NUOVO SUI TERRENI LIBERATI DI VENAUS!


no tav! per la lentezza della vita contro la morte dellalta velocita.

“Il modo di produzione capitalistico diminuisce le spese di trasporto per la singola merce mediante lo sviluppo dei mezzi di trasporto e comunicazione, come mediante la concentrazione; essa aumenta la parte del lavoro sociale vivente ed oggettivato, che viene spesa nel trasporto di merci, dapprima mediante la trasformazione della grande maggioranza di tutti i prodotti in merci, e poi per mezzo della sostituzione di merci locali con merci distanti.  La circolazione, cioe’ l’effettivo aggirarsi delle merci nello spazio, si risolve nel trasporto della merce.

L’industria dei trasporti costituisce da un lato un ramo autonomo di produzione, e percio’ una particolare sfera d’investimento del capitale produttivo, dall’altro lato, si distingue perche’ appare come la continuazione di un processo di produzione entro il processo di circolazone e per il proceso di circolazione.”

( K. MARX- IL CAPITALE-II° libro )

NO  TAV!

vivere, amare, lavorare, viaggiare…..lentamente!

La politica imperialista del blocco continentale europeo impone la velocizzazione dell’alta velocita’ ferroviaria producendo resistenze locali, rivolte ambientaliste, sciacallesche strumentalizzazioni elettorali.  La questione dell’a.v. in Europa ed in Italia e’ una storia lunga, decennale, che ha visto l’appecoronamento dei vari governi comunque colorati alle direttive comunitarie della U.E. ( la 440 della meta’ degli anni ’90 porta la firma di Prodi ); d’altra parte, la necessita’ di aumentare il traffico di merci ed esseri umani risponde alla costante delle soceta’ profittuali, accelerata oggi dal rapido processo di modificazione competitiva dei rapporti di forza e potenza nell’epoca del pluripolarismo.  In sostanza, l’Europa ha la necessita’ di “arrivare-esportare-costruire” prima dell’est, della Cina e dell’intera “officina del mondo” asiatica nell’”area di mezzo” balcanica,che peraltro gia’ vede insediamenti ed infrastrutture italiane esportate all’epoca dell’intervento “umanitario” di sinistra.  Potremmo definirlo un processo oggettivo di sviluppo capitalistico, che svela fino in fondo l’ipocrita ed interessata “opposizione” proprio degli iniziatori, degli sponsor piu’ convinti di questo processo; potremmo dire che i servi di questo sistema sono servi, non potevano fare altrimenti di fronte ai loro padroni!

Oggi, gli stessi servi di ieri e di oggi si giocano, sulla pelle e sul pogrom poliziesco delle popolazioni locali, parte della loro eterna campagna elettorale; al servizio dei medesimi profitti della ripresa capitalistica reprimono od utilizzano i legittimi movimenti di resistenza ed opposizione.  Ma l’alta velocita’ non e’ solo in Val di Susa; essa attraversa tutta la politica attuale dei trasporti, incurante delle condizioni di insicurezza e disagio del trasporto pendolare e pagante proiettata com’e’ su faraonici progetti di trasporto ed assistenza “selezionata” fino al razzismo…( basti pensare che a Roma Termini, dal 21 dicembre, si aprira’ una “lounge” di stazione “dedicata” ai signoroni dei treni a super-alta velocita’ che cominceranno ad attraversare l’Italia da Napoli a Bologna in 3 ore e mezzo con 4 coppie di pendolini! ).    

Occorre rafforzare il sincero movimento di lotta di questi giorni, liberandolo da questurini e sciacalli, rendendolo nazionale e tendenzialmente europeo, collegandolo alle battaglie dei pendolari e dei ferrovieri, resistendo e boicottando certo i “lavori in corso”, ma intravvedendo anche nell’accumulo delle contraddizioni e nell’aumento della circolazione di merci e forza lavoro l’accumulo delle potenzialita’ per le future battaglie di classe europee.

coordinamento per l’autonomia di classe


TAV in Val di Susa”: le ragioni (nascoste) del sì

http://www.beppegrillo.it/Sunday

1.Credo che molti lettori, dopo quello che è accaduto nei giorni scorsi, abbiano
dedicato qualche attenzione in più al tema “della TAV in Val di Susa” – cercando in
primo luogo di capire le “ragioni del sì”.
In una democrazia le politiche pubbliche vengono delegate – e non potrebbe essere altrimenti. Vengo delegate ai politici, alle burocrazie e ai saperi esperti. In una democrazia i cittadini hanno un pre-giudizio di razionalità nei confronti delle decisioni pubbliche. La maggior parte di loro pensa che le decisioni siano razionali quanto basta, che siano state prese facendo buon uso della conoscenza rilevante e che vi sia un luogo virtuale dove questa conoscenza si è accumulata in forma di studi, rapporti, dati. Da questo luogo essa potrà essere all’occorrenza recuperata, divulgata, spiegata.
2.    Sono andato alla ricerca delle “ragioni del sì” (con i miei studenti del corso di “Analisi delle politiche pubbliche”) nei tre maggiori quotidiani italiani – il Corriere della Sera, La Repubblica e La Stampa – nei giorni del 7, 8 e 9 dicembre. Sono andato in primo luogo alla ricerca delle “ragioni del sì” perché si tiene un corso di “Analisi delle politiche pubbliche” sullo sfondo, appunto, di un pre-giudizio di razionalità delle decisioni pubbliche. Le politiche pubbliche sono razionali fino a prova contraria.
Ma lo si tiene anche sullo sfondo del principio che della razionalità delle politiche pubbliche, in una democrazia, si deve dar conto a richiesta. E una contestazione così forte, prolungata, condivisa era una richiesta di questo tipo. Quindi, non mi restava che mostrare agli studenti come le “ragioni del sì” del progetto infrastrutturale in Val di Susa venissero recuperate dagli archivi e dai documenti pertinenti, comunicate, spiegate –come esse poi affiorassero senza troppa fatica nel dibattito pubblico. Non restava, quindi, che sfogliare e discutere gli articoli più importanti nei maggiori quotidiani italiani dove queste ragioni le avremmo trovate, anche se solo accennate – quotidiani di indiscutibile autorità, ai quali una parte così rilevante dell’opinione pubblica si rivolge ogni giorno per orientarsi.
3.     
Gli articoli che ho letto insieme ai miei studenti sui tre maggiori quotidiani italiani li hanno letti nelle stesse ore circa due milioni di italiani – più o meno con il nostro stesso intento: cercare le “ragioni del sì”. E in effetti – iniziando dall’articolo di Luciano Gallino (La Repubblica, 7/12) – la nostra esplorazione non poteva cominciare in modo migliore. Un articolo metodologicamente ineccepibile – che delineava lo schema concettuale all’interno del quale esporre le “ragioni del sì” (ed anche “le ragioni del no”). Da lì siamo partiti, dalle coordinate concettuali di quell’articolo che sono anche le coordinate di un corso di “Analisi delle politiche pubbliche”. Che sono le uniche che abbiamo saputo costruire in questo campo.
Il nostro viaggio è cominciato bene ma non siamo andati molto lontano, perché non abbiamo trovato più nulla in tre giorni di letture e pensieri che all’interno di quelle coordinate cadesse.
4.     
La Stampa di Torino – molto interessata per ovvie ragioni – ha dedicato il 7/12 un editoriale di uno dei suoi più autorevoli giornalisti al tema – un articolo che leggerlo non ci è stato di alcuna utilità. Credo che il giornalista sia stato costretto a buttare giù il pezzo in pochissimo tempo e non avesse idea di che cosa stesse parlando. Comunque non c’era nulla di pertinente. Nessun richiamo a fatti che potessero ampliare le conoscenze del lettore e fargli intravedere le “ragioni del sì”. L’unico riferimento fattuale riguardava un nesso causale inverosimile, quello tra l’opera in questione e “lo sviluppo dell’intera area del Nord- Ovest”. Nesso senza alcun significato e rilevanza. Anche perché le “ragioni del sì”, per un’opera di questa dimensione, andrebbero cercate ben oltre il Nord-Ovest dell’Italia, nell’interesse nazionale (ed europeo). Anche perché il “Nord-Ovest” deve trovare una soluzione ai suoi problemi economici (quali, poi?) nei prossimi dieci anni, molto, molto prima che le infrastrutture in discussione comincino a produrre i loro effetti.
Anche il Corriere della Sera dedicava nello stesso giorno al tema un editoriale di uno dei più autorevoli commentatori italiani, Sergio Romano. Ma anche in questo caso si trattava di riflessioni non pertinenti, a “contenuto informativo nullo”. Ad un certo punto abbiamo anche incontrato la seguente affermazione: “Senza Tav lasceremo nelle mani dei nostri concorrenti l’Europa danubiano-balcanica, vale a dire la regione in cui abbiamo realizzato negli scorsi anni (…) qualche significativo successo.” Un altro nesso causale tra eventi espresso in uno spazio-tempo fantastico, senza significato. Niente di utilizzabile.
5.     
Gli italiani che li hanno letti – ed anche i miei studenti – non hanno trovato nulla di pertinente in questi due editoriali. Non vi hanno trovato le “ragioni del sì”.  Ma non avranno neanche cominciato a dubitare dell’esistenza delle “ragioni del sì”: il pre-giudizio razionalistico è troppo profondamente radicato per essere messo in discussione da un editoriale scritto in fretta.
Ma non hanno trovato nulla di pertinente neanche nelle pagine interne: solo cronaca e impressioni raccolte sul campo. Ma si saranno imbattuti in un’intervista al Presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso. Lei sì che avrebbe potuto fornire qualche dato, rimandare ai contenuti tecnici di qualche atto amministrativo della sua amministrazione, richiamare le analisi della sua burocrazia e dei suoi consulenti. Ci ha informato, invece, del fatto di essersi svegliata alla tre del mattino con il pensiero che “Lassù i bambini non riescono ad andare a scuola, i loro padri a forza di scioperi rischiano il licenziamento, e poi sta anche arrivando il Natale…” (p. 6).
6.     
Nei quotidiani del giorno dopo (8/12) si esercitano sul tema alcune grandi firme del giornalismo italiano: Panebianco sul Corriere, Valentini su La Repubblica, Annunziata su La Stampa. Dopo il magistrale pezzo di Luciano Gallino il giorno prima, la strada era aperta per riflessioni pertinenti, ancorate alle coordinate che logica vuole.
Angelo Panebianco divaga e svolge il tema, certo centrale, dell’arretratezza
culturale della
“Sinistra” (comunque non capiamo a che cosa si riferisce visto che in Piemonte
e in Italia i
due principali partiti “della Sinistra” sono favorevoli all’opera e lo hanno
detto in tutti i
modi). Lucia Annunziata ci aiuta ugualmente molto poco: nel suo articolo non
c’è un bit di
Antonio G. Calafati ([http://calafati.univpm.it] (Indirizzo web: http://calafati.univpm.it))
http://www.beppegrillo.it/

monito

Appello alla Val di susa, la tattica del Governo: divide et impera. La locuzione, tradotta letteralmente, significa dividi e domina.

Fu la logica perseguita dal senato romano: 

il modo migliore per evitare che popoli sottomessi si coalizzassero e si ribellassero allinvasore era fare in modo che si combattessero tra di loro.