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inchiesta 12.02.07
aggiornamenti novembre

DATE FISSATE PER IL PROCESSO

Novembre
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Dicembre
Giovedì 4,
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Martedì 31


CORRISPONDENZA DALLE GABBIE

Il 7 novembre si è tenuta la 14a udienza.
È stata piuttosto movimentata. La presentazione del nostro ultimo documento politico è stata occasione per l’ennesimo scontro sui termini del processo politico.
Alla strategia repressiva totale, portata avanti dal PM, si associa ormai piattamente pure la Corte, che calpesta, spudoratamente l’elementare diritto del disporre in gabbia di testi e documenti oggetto della difesa politica. Si è arrivati al colmo di rifiutarci la restituzione del documento persino per firmarlo.
Questo stravolgimento delle stesse regole di diritto borghese si spiega e si inserisce unicamente nelle ragioni politiche dello scontro.
E queste consistono nelle esigenze della guerra di classe, della controrivoluzione preventiva, della strategia di annientamento dell’istanza rivoluzionaria. Esigenze tanto più forti oggi, quando la crisi capitalistica precipita e fa esplodere tutte le contraddizioni.
Il loro accanimento è semplicemente rivelatore, sintomo della paura che hanno di possibili sviluppi rivoluzionari.
Noi siamo intervenuti a più voci, per affermare l’essenziale: questo è un processo politico, la questione politica rivoluzionaria da noi posta e avanzata è il succo del processo.
D’altronde, nel caso dei compagni rivendicanti il percorso organizzativo, ciò è l’unico oggetto in questione, rifiutando di giustificare alcunché: siamo in carcere per le ragioni e la prassi della rivoluzione proletaria. Queste rivendichiamo, queste difendiamo.
Lo Stato borghese, nelle sue articolazioni giudiziario-poliziesche, si rapporta a noi con pura logica repressiva, di guerra. Fa carta straccia della sua stessa legalità, delle sue regole di diritto, attuando nei fatti procedure speciali, militarizzanti.
Ciò che, si situa nel più generale evolversi dello scontro di classe: la militarizzazione di territori in lotta, dei settori proletari più sfruttati come gli immigrati, fino all’attuale strategia squadristico-poliziesca contro il movimento nelle scuole e in alcune fabbriche. Il tutto con la benedizione dei più eminenti personaggi del terrorismo di Stato: Kossiga, Gelli, Dell’Utri, ecc.
La conclusione non poteva essere che la nostra espulsione dall’aula.
Cosa che assumiamo come momento di scontro, come esplicitazione dell’inconciliabilità degli interessi in campo, come rappresentazione politica nel “processo di rottura” di quella che deve essere il percorso di determinazione rivoluzionaria, nella più ampia costruzione dell’autonomia di classe.
Il documento in oggetto – “La Rivoluzione è necessaria, la Rivoluzione è possibile” – è la sintesi più compiuta con cui noi, in quanto militanti per la costituzione del PCp-m più altri due militanti comunisti rivoluzionari, caratterizzano questa fase di scontro attorno alla prospettiva rivoluzionaria, e qui nella condizione di prigionieri politici.
I compagni rimasti in aula, sia altri due prigionieri che quelli ai domiciliari, hanno successivamente preso parola per solidarizzarsi e per denunciare questa ennesima torsione allo stesso diritto borghese, l’impronta repressiva con cui procede questo processo politico.
Così come il pubblico ha fatto costantemente sentire la propria presenza e sostegno solidale.
Particolarmente significativa la presenza di compagni operai dalle fabbriche di provenienza di alcuni di noi. Un’ultima perla d’accanimento repressivo è che il PM vuole indagare sul come il nostro documento abbia potuto essere trascritto su computer: forse il trattamento carcerario non è abbastanza ristrettivo? Oppure si tratta di colpire la cooperazione solidale.
In tutti i casi, impedire l’espressione dell’istanza rivoluzionaria.
Al movimento di classe, alle forze militanti il saper assumere lo scontro attuale, per come esso è, per come la borghesia per prima lo dichiara e lo conduce.
D’altronde alla crisi catastrofica capitalistica non c’è soluzione per vie ordinarie:
o guerra imperialista, o guerra rivoluzionaria di classe!
Gli imputati  
  

Udienza del 7 novembre 2008
L’udienza è stata caratterizzata dalla protesta degli imputati, sostenuti dal pubblico, numeroso in aula con una nutrita presenza operaia.
Nuovamente si è verificato che la scorta di guardie carcerarie di Piacenza ha sottratto al compagno Bortolato un documento per la difesa processuale. Appena aperta l’udienza Bortolato chiede che il documento gli venga restituito perché non è personale ma collettivo e deve essere sottoscritto da altri imputati in gabbia. La Pm Bocassini richiede di indagare su Bortolato e su come mai abbia un computer in carcere visto che il documento è dattiloscritto. Il Giudice Cerqua allega agli atti il documento e si rifiuta di restituirlo agli imputati.
Gli imputati in gabbia annunciano che per protesta vogliono abbandonare l’aula e dicono che mentre si lascia parlare Licio Gelli non si dà la parola a compagni rivoluzionari. Restano in gabbia Bruno Ghirardi e Andrea Scantamburlo. Ghirardi interviene dicendo che anche loro, pur non firmando il documento, sono solidali con i compagni usciti dall’aula perché impediti a firmarlo.
Il giudice, senza dichiararlo, emette un’ordinanza di allontanamento degli imputati.
Gli avvocati eccepiscono nullità dell’udienza per violazione del diritto di difesa, sia perché viene impedito agli imputati di organizzare la loro difesa e sottoscrivere un documento, sia per la presenza del paravento che impedisce di effettuare pienamente il loro lavoro difensivo nei contro interrogatori e permette invece ai testi di leggere verbali e appunti di ogni tipo.
Dopo una breve pausa dell’udienza l’avv. Bonon denuncia l’esistenza dell’ordinanza di allontanamento degli imputati e chiede che la compagna Amarilli possa intervenire.
La compagna porta la solidarietà, anche a nome di altri imputati ai domiciliari, ai compagni della gabbia che hanno protestato.
Il pubblico applaude. Si verifica una forte unità fra i vari “attori” del processo pur nella diversità dei ruoli, delle posizioni politiche e processuali. Una unità tra imputati prigionieri, imputati ai domiciliari, avvocati, parenti, amici e compagni presenti in aula.
Il giudice revoca l’ordinanza emessa poco prima.
I compagni della gabbia rientrano in aula e richiedono nuovamente il loro documento con un intervento di Claudio Latino che spiega come, con i fatti avvenuti nel corso dell’udienza, la cosiddetta “giustizia” si sbugiardi da sola. Continua nell’intervento spiegando come tutti gli addetti alla “giustizia” del processo si sbraccino a dire che garantiscono il diritto alla difesa mentre processano gli imputati con  i reati associativi, che presuppongono un reato politico e impediscono loro di difendersi politicamente. E questo al fine di inquadrare in un contesto criminale le loro azioni e farle passare per tali.
Il giudice non restituisce il documento ai compagni, invece viene dato alla fine dell’udienza alla Pm Bocassini accogliendo la sua richiesta di poter indagare.
Gli imputati si allontanano nuovamente dall’aula per protesta, gli avvocati intervengono, il pubblico rumoreggia con applausi e slogan a sostegno dei compagni.


Udienza del 10 novembre 2008
L’udienza si apre con il rigetto, per un vizio di forma, da parte della Corte dell’istanza sul permesso di comunicare per via epistolare richiesta dai compagni che si trovano agli arresti domiciliari.
Gli avvocati hanno subito riformulato la richiesta oralmente, e la zelante Pm Bocassini si è subito opposta affermando, in sostanza, che gli imputati non hanno la possibilità di uscire dalle loro abitazioni per imbucare le lettere. Ci asteniamo da ulteriori commenti.
Per il resto, anche in questa udienza si sono “non visti” digos di Padova e Venezia impegnati a  rispondere alle domande imbeccate dalla Pm Bocassini per giustificare la loro attività investigativa nei confronti dei compagni. La nota più interessante ci viene data dal digos Vecchiato quando afferma che i gps “in dotazione” agli investigatori, ed arma essenziale per pedinare i compagni, hanno margine di errore nel tracciare i percorsi effettuati.
Di seguito hanno deposto due agenti della polizia scientifica di Padova per più di due ore, il primo in merito alla perizia calligrafica su bigliettini sequestrati in alcune delle abitazioni perquisite il 12 febbraio 2007, il secondo per asserire il suo ruolo da “supervisore” nel ritrovamento dei bidoni contenenti le armi e sui rilievi effettuati su auto e moto dei compagni.

Le udienze del 21 e 24 novembre sono state annullate.
La prossima udienza si terrà lunedì 17, e di seguito mercoledì 19 e giovedì 27 novembre, sempre alle 9.30 al tribunale di Milano.
Continuiamo a sostenere i compagni e la compagna anche dentro l’aula!
Uniti si vince.

Associazione Solidarietà Parenti e  Amici degli Arrestati il 12/02/07


11 novembre 2008


Cari compagni,
durante il recente parapiglia avuto con gli altri compagni e contro la sbirraglia di Rebibbia, uno di questi figuri mi ha così apostrofato “…questo è un ribelle”.
A posteriori mi sono speso un po’ a riflettere su questa definizione ho pensato ai compagni in 41 o in carcere da decenni, a coloro che vengono buttati nelle carceri da giudici così solerti nel farsi gioco della vita altrui ed estremamente attenti a garantire immunità e privilegi ai potentati economici ed ai politici che li rappresentano.
Ho pensato agli operai, le “risorse umane” che garantiscono il profitto del capitale salvo essere sbattuti fuori quando non servono più e magari venir considerati parassiti perché avanzano pensione verso la tarda età. Così come pure strangolati da un mutuo imposto al diritto ad avere una casa, che garantisce cospicua rendita a nullafacenti di alto bordo. Vedo nello scorrere degli anni il riproporsi della politica del Machiavelli, oggi rappresentata da vecchie carogne come Kossiga o Gelli che mirano, oggi come ieri, studenti in lotta ed operai in sciopero per i loro diritti. Rivendicando stragi e trame, oscure solo per chi vuole né vedere né capire.
Così quello che voleva essere un epiteto diventa un riconoscimento alla necessità di ribellarsi al capitalismo ed alla classe politica che lo rappresenta.
Per quanto questa sia forte di sgherri ed armi, è pur sempre una tigre di carta potente nell’apparenza e fragile nel suo dominio assolutista, contro cui lottare e ribellarsi è doveroso e giusto. Per poter costruire un altro futuro, alla luce del socialismo che dipano le tenebre in cui ci dibattiamo oggi. Non sono io a dover essere processato né chi si “ribella” ovunque contro il capitalismo e le sue prigioni.
Colgo l’occasione per salutarvi, da oggi mi sto facendo dieci giorni di isolamento e cinque di interdizione attività in comune per aver avuto da ridire con una guardia in carcere, e con una che si è frapposta tra me in gabbia e l’avvocato.
Ordinaria amministrazione e miseria carceraria.
Saluti comunisti,
Bruno