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SPAZIO E RUOLO DELLA DESTRA RADICALE OGGI IN ITALIA
Saverio Ferrari
Osservatorio Democratico
17 ottobre 2000

Il retroterra culturale e gli sbocchi elettorali

La destra radicale, neofascista e neonazista, sta ritrovando e ritagliandosi oggi un proprio spazio. Dopo anni assistiamo infatti allo sviluppo di significativi processi riaggregativi dentro l’onda lunga dei fenomeni più generali di sviluppo e crescita elettorale della estrema destra populista e xenofoba, in corso in tutta Europa. La stessa contingenza attuale, con la ripresa di attivismo da parte di gruppi che si richiamano apertamente al fascismo e al nazismo, ha avuto una lunga incubazione.
Il contesto è quello della progressiva messa in crisi di consolidati principi di eguaglianza, delle culture favorevoli alla solidarietà e all’integrazione, della delegittimazione ( che ha investito tutta Europa ), degli organismi elettivi e rappresentativi, a partire dal Parlamento, dei partiti e delle istituzioni nel loro complesso. In alternativa sono stati rilanciati e sono andati via via affermandosi richiami sempre più insistiti a valori morali di tipo tradizionale, all’ “autorità”, all’insofferenza verso tutte le diversità culturali e “razziali”.
Sotto questo profilo l’intero arco della estrema destra europea ( dal “Front National” francese al partito austriaco di Haider, dai Republikaner tedeschi per finire alla Lega Nord ) , è certamente un prodotto, non fortuito, sul piano culturale e politico, del processo in corso di profondo e strutturale rivolgimento delle stesse società nel nostro continente.
L’ estrema destra populista e xenofoba europea non rappresenta in conclusione un puro e semplice richiamo al passato e nemmeno il frutto avvelenato di una contingente crisi economica, ma ben più concretamente uno dei risultati della attuale modernizzazione capitalistica.
La stessa composizione sociale dei militanti e degli elettori di queste formazioni tende ad essere rappresentativa dei fenomeni conseguenti di sradicamento, di perdita di senso e ruolo, di frustrazione e disagio di ampi strati sociali. Non casualmente una quota assai significativa che è alla base dei successi elettorali, nei diversi paesi, dei partiti dell’estrema destra europea proviene dagli abitanti delle periferie, dai piccoli commercianti e dagli artigiani, dagli operai e dai lavoratori precari.
La crisi ed il progressivo venir meno di un ruolo storico da parte dei sindacati e dei partiti di sinistra ha fortemente contribuito a determinare un vuoto di rappresentanza che in parte tende oggi ad essere riempito proprio dalle formazioni della destra estrema.
E’ in questo contesto che va collocata e studiata la ripresa dei fenomeni specificatamente neofascisti e neonazisti.

IL RETROTERRA CULTURALE DELLA DESTRA NEOFASCISTA E NEONAZISTA
Il neofascismo in Italia si è sempre contraddistinto per una grande eterogeneità di linee e orientamenti, oltre che per un’amplissima varietà di gruppi, sigle ed organizzazioni.
Il MSI, in questo quadro, fino alla sua trasformazione in Alleanza Nazionale, ha storicamente svolto un ruolo di riferimento obbligato e per certi versi di “contenitore” di gran parte di questa realtà magmatica. Non è un caso che, a partire dal dopoguerra, al suo interno abbiano convissuto, si siano combattute, trovando comunque un proprio spazio, tutte le più diverse articolazioni del neofascismo e del neonazismo italiano , producendo un groviglio di posizioni su un arco molto esteso di temi ed argomenti.
Si sono così ritrovati , nello stesso ambito, monarchici e repubblicani, i “socializzatori” della “Carta di Verona” e gli strenui difensori della proprietà privata, i corporativi e gli anticorporativi, i cattolici osservanti, i tradizionalisti, i lefreviani, gli anticlericali e i neopagani, le posizioni antiamericane e quelle filo-atlantiche, gli ammiratori di Isreale ed i filo-arabi.
La destra radicale di oggi è figlia di questo passato. Credo sia utile, prima ancora di analizzare le principali organizzazioni politiche, individuare il cemento, rappresentato dal retroterra culturale, che ha tenuto insieme ed ancor oggi accomuna questo mondo.
Va subito detto che la chiave utile per accedere alla comprensione di questo particolare universo non va ricercata in categorie razionali di interpretazione della realtà e della storia. Quello della destra neofascista e neonazista è un mondo in cui si sono riversate componenti irrazionalistiche di vario tipo : neoromantiche, nichiliste, decadenti . E’ una realtà anche per questo popolata di miti e simboli che tendono a prevalere come fattore unificante rispetto l’analisi e le posizioni politiche.
In questo quadro Julius Evola ha indubbiamente e storicamente rappresentato la figura intellettuale di gran lunga più importante della destra radicale in questo secondo dopoguerra. Le sue opere ed il quadro concettuale delineato rimangono ancora oggi il riferimento ed il campo di confronto principale per tutte le espressioni del neofascismo e del neonazismo italiano.
Ad Evola si deve infatti una rielaborazione da destra, e per molti versi originale, del rifiuto della civiltà borghese e della “massificazione” della vita , la critica all’ “appiattimento” e alla “volgarità” indotte dal dominio della merce e del denaro. Una critica il cui sbocco porta direttamente ad una concezione regressiva della storia, la cui ruota si vorrebbe fare girare indietro, riproponendo come modelli “mitiche ” società del passato, da Sparta alla Roma arcaica al Sacro Romano Impero.
Punto di partenza in Evola è la “svalutazione “ del mondo moderno , visto come il prodotto di una decadenza e di una corruzione secolari. La civiltà occidentale è alla fine del suo ciclo, dice Evola, si tratta ora di affrettarne la disgregazione.
L’approdo in realtà è una sorta di moderno “capitalismo-feudale” incardinato in società di tipo schiavistico. Le masse non sono, ovviamente, in questa visione, che gregge informe, esseri estranei alla storia e alla natura dei veri uomini. Ad Evola dobbiamo anche, in questa cornice, la rielaborazione di una concezione “razzista” non unicamente basata su fattori “biologici” ma derivante anche dalla “superiorità spirituale”.
Il rifiuto del sistema democratico è quindi il primo elemento comune a tutte le espressioni storiche del neofascismo. Un rifiuto che si sostanzia nell’opposizione al parlamentarismo, in un disprezzo assoluto per le masse, la partecipazione e la democrazia. La radice sta dunque in un rigetto del mondo moderno, della civiltà borghese e in un rifiuto nominale del capitalismo. Di qui, da un lato, la costante di una posizione esistenziale per il cosiddetto “uomo differenziato”, distaccata ed aristocratica; dall’altro, specularmente, il mito del “guerriero”, del “soldato- politico” e del “legionario” che posto a confronto con la crisi irrimediabile della società contemporanea non si limita a praticare un proprio distacco ma “dichiara guerra” come un dovere supremo da cui non attendersi alcun tornaconto, un utile, neanche forse la conquista del potere. L’”atto eroico” e “guerriero” diviene allora valore in sé e per sé, per chi principalmente lo compie.
Una concezione che tanta parte ha avuto nel fornire, da sempre, una motivazione ideologica al terrorismo nero in Italia, dal primo dopoguerra fino alla seconda metà degli anni ’70 .
In questo contesto va anche situata l’esaltazione degli “Ordini” , organismi composti da esseri “superiori”, accomunati dalla fedeltà ai “principi”. Prototipi di questi modelli sono per Evola gli antici ordini monastico-cavallereschi come i templari, le SS naziste, la “Guardia di Ferro” rumena , la “Falange” spagnola.
Al rifiuto della storia nel neofascismo si accompagna dunque il rifiuto della razionalità e la sostituzione di tutto ciò con il richiamo ai “miti”. Quelli di società scomparse ed inghiottite da un “ciclo avverso” della storia, come dell’ “eroismo”, del “destino” e dell’ “onore” individuale , avvolgendo così la destra radicale anche in suggestioni di tipo “magico” ed “esoterico”.
Questo è l’impasto per così dire culturale che ha connotato e distinto la destra radicale italiana, l’ ha spinta verso una critica della stessa esperienza fascista e le ha fatto progressivamente assumere il nazismo come vero riferimento. Questa la matrice che ha fatto da supporto, negli anni ’60 e ’70, alla pratica della violenza e del terrorismo stragista praticato nel nostro paese. Questo è ancora oggi il terreno di coltura, il perimetro concettuale di riferimento di tutte le principali formazioni della destra radicale in campo, che spiega e da , tra l’altro, anche un senso interpretativo alle recenti manifestazioni “anti-mondialiste” e contro la “globalizzazione”, come la contestazione a Cernobbio del convegno degli indutriali o la presenza a Praga contro il summit del Fondo Monetario Internazionale.
Ma è sul terreno delle spinte xenofobe ed etnonazionalistiche, delle spinte a ridisegnare su presunte basi etniche i confini degli Stati europei e a rifiutare la società multirazziale, che si sostanzia un fondamentale punto di incontro tra destra radicale neonazista ed estrema destra, sia a livello europeo che in Italia. I concetti della difesa del “suolo” e del “sangue”, minacciati dall’ “invasione extracomunitaria”, della tutela della propria “comunità” , della propria cultura, tradizioni e religione, viste come aggredite dall’integrazione economica e dalla globalizzazione, hanno nel corso di questi anni non solo prodotto un armamentario di parole d’ordine che hanno travalicato gli stessi confini della destra radicale ( si pensi all’ uso del termine “mondialismo” ), ma anche realizzato convergenze pericolose sul piano dell’iniziativa politica.
Qui molti i punti di incontro, in particolare con la Lega Nord e con Alleanza Nazionale, con i settori integralisti cattolici, ma complessivamente con l’insieme delle destre.
Davvero lungo risulterebbe dar conto dell’elenco degli episodi che hanno visto manifestarsi alleanze esplicite.
Per limitarci al recentissimo passato: la raccolta in comune delle firme per il referendum leghista contro la legge Turco-Napolitano sull’immigrazione; l’opposizione all’accoglimento dei profughi e dei rifugiati politici; le campagne contro i nomadi, contro il Gay-Pride, l’aborto ed in difesa della natalità; le proteste per la costruzione di luoghi di culto di religioni diverse da quella cristiana.
Ed è nelle iniziative a difesa della cosiddetta “cristianità” che ultimamente si cerca di forzare da parte di alcune fra le principali formazioni della destra radicale.

DAL “POLO NERO” A “FORZA NUOVA”.
IL PROBLEMA DEGLI SBOCCHI ELETTORALI.
Nel campo della destra neofascista e neonazista italiana è oggi in corso una battaglia per l’egemonia, oltre che per uno sbocco elettorale.
Ad un “polo nero”, da un lato, in via di costituzione, che potrebbe rapidamente portare ad una convergenza, almeno sul piano elettorale, fra il MSI-Fiamma Tricolore di Pino Rauti ed il Fronte Nazionale di Adriano Tilgher, si accompagnano, dall’altro lato , più fenomeni riaggregativi: E’ il caso del Movimento Sociale Europeo di Roberto Bigliardo che attraverso “Rinascita Nazionale” ( il secondo quotidiano dopo “Linea” dell’area della destra radicale), sta cercando di riaccorpare una serie di realtà oggi sparse. Ma soprattutto è il caso di Forza Nuova, l’organizzazione più recente nel panorama che stiamo considerando.
Non è certo questa la sede per un’analisi approfondita di questa formazione politica. Qui vanno però colte alcune caratteristiche di un’ organizzazione che dispone di un forte flusso di entrate finanziarie, dovuto ad una rete assai vasta di investimenti e di imprese gestite direttamente dai suoi fondatori, già dirigenti del gruppo eversivo di Terza Posizione, sottrattisi nel 1980 alla giustizia italiana fuggendo all’estero.
Forza Nuova sta diffondendosi sul territorio nazionale: apre sedi in molte regioni e sviluppa un forte attivismo, raccogliendo anche come forza d’ urto tutti i diversi spezzoni rimasti dell’arcipelago skin-heads ( da Milano a Roma, al Veneto ). Oltre a ciò si sta ponendo come perno per lo sviluppo delle diverse reti internazionali neonaziste, alcune delle quali, come “Hammerskins”, già intercettate dall’ iniziativa della Magistratura italiana.
In particolare Forza Nuova cerca:
- di connotarsi in modo esplicito come un soggetto fortemente “nazionalista” postosi in campo a difesa della “cristianità minacciata”. Per questa via punta a conquistarsi uno spazio di credibilità, in particolare attraverso campagne volte a recuperare i temi del tradizionalismo cattolico più reazionario. Forza Nuova in questo senso tende anche a piegare al proprio scopo la classica simbologia neonazista, come la croce celtica, trasformandola nella “croce di Costantino”, così come si dice nella leggenda, la vide l’imperatore alla vigilia della battaglia di ponte Milvio;
- di praticare contatti ed alleanze con una certa duttilità politica (dall’inserimento di propri candidati nella Lista Cito alle scorse europee, alla disponibilità di votare i rappresentanti del Polo nei turni di ballottaggio in alcune elezioni comunali, alla partecipazione del suo segretario nazionale Roberto Fiore a Rimini al meeting di “Comunione e Liberazione” );
- di inserirsi, confortata da alcuni risultati per le proprie liste ( davvero sorprendenti in più di un Comune ), nella crisi del MSI - Fiamma Tricolore ( travagliato da ripetute scissioni ) e costruire un autonomo insediamento elettorale. Già oggi in alcune regioni del nord, come nel Veneto, Forza Nuova è l’ organizzazione della destra radicale più forte e presente.
Difficile dire ad oggi quali potranno essere i risultati. Gli elementi di pericolosità sono comunque evidenti, soprattutto pericolosa è la convinzione di poter disporre di uno spazio, dialogando ed entrando in sintonia con gli umori popolari più negativi che oggi le destre riescono a sollevare ed interpretare.
Ma è complessivamente l’insieme della destra radicale che sta maturando questa consapevolezza. E se elettoralmente è chiusa in una modesta dimensione ( fra l’1 ed il 2 per cento a livello nazionale ) e cerca uno “sbocco”, anche in funzione di una propria presenza parlamentare ( offrendo i propri voti, così come ripetutamente ha fatto Rauti per alleanze ora con il Polo ora con Di Pietro ), lo spazio d’azione è invece ben più ampio.
Questo spazio corre con l’evoluzione delle destre. Il punto vero è che siamo di fronte ad una generale deriva, dentro la Lega e Alleanza Nazionale , soprattutto nella direzione dell’assunzione di posizioni sempre più accentuatamente razziste e xenofobe.

TRA PASSATO E PRESENTE.
Vorrei chiudere questo intervento con un richiamo alla storia della destra eversiva. Molti personaggi che oggi popolano e dirigono l’attuale destra radicale ( da Pino Rauti a Paolo Signorelli, da Adriano Tilgher a Roberto Fiore ) hanno, infatti, un passato rilevante nella storia del terrorismo nero, della politica golpista e stragista attuata nei primi anni ’70 in Italia.
Ciò accade proprio in un momento in cui si è improvvisamente e finalmente riaperta nel nostro paese la possibilità di giungere ad una conclusione giudiziaria riguardo alcune stragi: da Piazza Fontana alla strage di Via Fatebenefratelli davanti la Questura di Milano, avvenuta nel 1973, a Piazza della Loggia.
Questa nuova stagione di indagini e processi è fortemente temuta dalla destra per le sue implicazioni storiche e soprattutto politiche, tanto più all’avvicinarsi delle elezioni. Non è un caso che molto insistiti siano stati i tentativi, in questi mesi, di delegittimazione della stessa Commissione Stragi. La destra si sta preparando, per queste ragioni, ad un’offensiva pesante, tra l’altro cercando di riaccreditare fantomatiche piste anarchiche o di attribuire un ruolo nelle stragi ai servizi segreti dell’Est e di Israele.
Dalle inchieste in corso, ma soprattutto sia dalla sentenza di primo grado (davvero storica ) relativa alla strage alla Questura di Milano. che dal dibattimento in corso nel processo sulla strage di Piazza Fontana, emergono alcuni elementi che ripropongono in una determinata prospettiva l’interpretazione storica e politica della “ strategia della tensione“:
- “Ordine Nuovo”, l‘organizzazione fondata da Pino Rauti, ( per la Magistratura esecutrice materiale di queste stragi ), è stata sì una formazione neonazista, ma al contempo anche una creatura concepita all’interno di apparati statali, la cui evoluzione è stata accompagnata, finanziata e diretta dai servizi segreti italiani e statunitensi. Non un solo esponente di rilievo di questo gruppo nel Triveneto è risultato infatti essere stato estraneo ad un legame o da un rapporto di dipendenza, anche finanziario, da questi servizi . Negli atti processuali compare il lungo elenco dei nomi in codice utilizzato dai servizi segreti italiani per identificare i propri uomini all’interno di “Ordine Nuovo”, lo stesso vale per i servizi americani.
- L’intreccio tra “Ordine Nuovo” e settori degli apparati dello Stato si è sviluppato in modo particolare nel Veneto, autentico laboratorio della “strategia della tensione”, in un’area ad alta densità di strutture e basi militari italiane e della NATO, a ridosso del confine con l’Est, dove nel dopoguerra sono state reclutate in funzione anticomunista intere parti delle reti e del personale di sicurezza della passata Repubblica Sociale di Salò. Non a caso la maggior parte degli attuali imputati in questi processi è rimasta a lungo nell’ombra, protetta da una “rete” anticomunista di carattere nazionale ed internazionale.
- Il MSI ha svolto, senza l’ombra di alcun dubbio, un ruolo importante di “casa comune” dei principali gruppi eversivi. Un ruolo di copertura e di protezione. Ha accolto “Ordine Nuovo” al proprio interno, prima della strage di piazza Fontana, così il gruppo “La Fenice” di Milano, responsabile del fallito attentato al treno Torino-Roma del 1973.
- Il compito della NATO non è stato solo di ispirazione politica, ma
-( attraverso le sue basi ) , direttamente di supporto logistico ed organizzativo ai gruppi fascisti .
- La “strategia della tensione”, in conclusione, è stata in realtà una strategia politica il cui motore va ricercato sia all’interno dei vertici di delicatissimi apparati dello stato ( Servizi Segreti, Arma dei Carabinieri, Stato Maggiore della Difesa ) che in un ampio arco istituzionale e politico, reazionario e golpista, formatosi in quegli anni e supportato dagli Stati Uniti. Dai processi in corso emerge nella sostanza, come dato storico ed inquietante, la consapevole scelta di discesa nell’ “illegalità” operata da una parte decisiva dello Stato.
Tutto ciò ci dice non solo della storia dello Stato italiano, della sua formazione nel secondo dopoguerra, ma anche della natura della nostra borghesia e della sua disponibilità a porsi su un terreno eversivo.
Pur in tutt’altro contesto, a fronte dell’ insorgenza della estrema destra in tutte le sue varianti, è certamente un fatto da non ignorare per ragioni di memoria storica, ma ancor di più di analisi e battaglia politica.