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16-18 SETTEMBRE 1982 –  16-18 SETTEMBRE 2006

24° ANNIVERSARIO DEL MASSACRO DI SABRA E CHATILA IN LIBANO

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Ariel Sharon, allora Ministro della Difesa,  è stato riconosciuto responsabile di questo crimine da una commissione di inchiesta (commissione Kahan) , ma non è stato mai perseguito, anzi l’anno scorso, proprio in concomitanza con l’anniversario della strage in Libano, aveva partecipato ad un’assemblea dell’ONU.

A 24 anni da quel massacro il governo sionista israeliano continua la sua criminale politica di occupazione e distruzione dei territori palestinesi e di aggressione in Libano.

La Resistenza del popolo libanese sotto la guida di Hezbollah e la Resistenza dei palestinesi è doverosa e anche legittima ed è l’unico modo efficace per contenere e battere la politica imperialista del governo israeliano sostenuto dagli USA.

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Ci preme ricordare, a 24 anni dalla strage di Sabra e Chatila, i percorsi di Sharon come criminale di guerra e la posizione guerrafondaia, imperialista dello stato israeliano.


Nel 1952
Ariel Sharon è il comandante dell’unità speciale di commando 101 che compì il massacro nel villaggio di Qibya nel West Bank: 69 civili uccisi, tra cui molte donne e bambini.
Tra il 16 e il 18 settembre 1982 avviene il massacro nei campi profughi di Sabra e Chatila dopo che l’esercito invasore israeliano, che all’epoca occupava Beirut ed era sotto il comando generale di Sharon in qualità di Ministro della Difesa, permette l’ingresso nei campi di membri della Falange e delle milizie locali alleate. Tra le oltre 2000 vittime civili vi erano neonati, bambini, donne e anziani. Nel febbraio del 1983 la commissione ufficiale di inchiesta, composta da tre membri, incaricata di indagare sui fatti, nota come commissione Kahan, individuò nell’allora Ministro della Difesa Sharon una delle persone che "ha la responsabilità personale" del massacro di Sabra e Chatila.                                                                                                                                                                                                                 

L’Intifada di Al-Aqsa iniziò dopo la visita di Sharon alla Moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme sotto la sorveglianza stretta dei soldati e poliziotti israeliani. La visita era una mossa calcolata per provocare la resistenza del popolo palestinese oppresso, che non tardò a reagire.
Ariel Sharon ha sempre dimostrato il suo assoluto disprezzo per il diritto internazionale e la sua pervicace opposizione a diritto al ritorno dei profughi.

Tale completo disprezzo per la volontà espressa dalla comunità internazionale è una grave violazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, della Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, delle convenzioni sui diritti umani di Europa, America e Africa e della Quarta Convenzione di Ginevra del 1949.
Anche il rifiuto dello stato israeliano di attuare la risoluzione ONU 194 [1]. confligge contro il diritto umanitario internazionale, perché questa risoluzione è stata convalidata ogni anno fin dal 1948 e riconosciuta negli stessi termini da praticamente tutte le organizzazioni non governative per i diritti umani oltre che dagli accordi regionali sui diritti umani e le commissioni ONU sull’argomento.
Ariel Sharon é ricordato come l’uomo del disimpegno da Gaza. Vogliamo ricordare i retroscena di questa azione. E’ stata una mirabile operazione mediatica, e in quanto tale illusoria,   che è servita a Sharon per farsi accreditare come uomo di pace.

Ritirandosi da Gaza ha rinunciato a pezzi di terra costosi da mantenere, ma ha acquistato un po’ più di credibilità dalla comunità internazionale che lo ha lasciato poi agire indisturbato in Cisgiordania, da cui Israele non si ritirerà mai se non costretto dalla forza della resistenza .
Sharon ha restituito, secondo modalità decise unilateralmente da Israele, l’1% della Palestina e il 6% dei territori occupati, ma alle seguenti condizioni che, guarda caso, non vengono mai evidenziate e mai ricordate. Anzi ora si parla di “rioccupazione della striscia di Gaza” senza evidenziare che l’esercito israeliano non è mai andato via.

A Gaza Israele ha continuato ad esercitare il controllo delle coste, del cielo e dei punti di passaggio trasformandola di fatto in una prigione. A Gaza non è stato attivato nessun corridoio di collegamento con la West Bank, previsto, tra l’altro, dagli accordi di Oslo e dalle risoluzioni ONU;
- parte delle colonie evacuate nel nord della Cisgiordania non sono state trasferite ai Palestinesi, ma trasformate in caserme per l’esercito israeliano;
- per la colonizzazione dei territori occupati in Cisgiordania il ministero del Bilancio israeliano ha stanziato 21 milioni di dollari nel 2005 ed altri 23 milioni nel 2006 . Le autorità di Tel Aviv hanno già avviato un progetto che prevede la cacciata di 54 mila Palestinesi dalle loro terre, la distruzione delle loro case e la costruzione di circa 1200 chilometri quadrati di nuove colonie per circa seimila coloni. Sono già stati consegnati gli sfratti alle prime 300 famiglie palestinesi che dovranno abbandonare le loro case che saranno rase al suolo;
- le autorità israeliane hanno ordinato la confisca di circa 60 km quadrati per costruire una nuova sezione del Muro dell’Apartheid.

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L’altra Lombardia – SU LA TESTA

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[1]. La Risoluzione 194 è stata adottata dalla Assemblea Generale dell’ONU in data 11 Dicembre 1948. La Risoluzione n° 194 afferma il diritto di ritorno dei profughi palestinesi alle loro originali residenze e paesi dai quali furono allontanati durante la guerra e individua i meccanismi per la sua attuazione. La Risoluzione n° 194 fu adottata solo sei mesi prima dell’ingresso di Israele nelle Nazioni Uniti (Risoluzione n° 273 dell’Assemblea Generale, 11 Maggio 1949). L’ammissione di Israele era condizionata all’adempimento degli obblighi assunti nei confronti della Carta dell’ONU e delle sue Risoluzioni, inclusa la Risoluzione n° 194.

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